La prima settimana di maggio si è tenuta alla Casa Circondariale Rocco D'Amato, Dozza (Bologna) la Festa della famiglia. L’Associazione Volontari Carcere A.Vo.C. organizza una volta all’anno questa speciale occasione in cui i detenuti hanno la possibilità di incontrare le proprie famiglie e condividere insieme un pranzo. 

Festa della famiglia al carcere di Dozza: un’esperienza diretta

A cura di Anna Serafini

La prima settimana di maggio si è tenuta alla Casa Circondariale Rocco D’Amato, Dozza (Bologna) la Festa della famiglia. L’Associazione Volontari Carcere A.Vo.C. organizza una volta all’anno questa speciale occasione in cui i detenuti hanno la possibilità di incontrare le proprie famiglie e condividere insieme un pranzo. 

Quest’anno sono stata volontaria in una delle giornate della settimana insieme ad altri ragazzi e ragazze di alcune associazioni impegnate in questo servizio di supporto, l’associazione A.Vo.C. e l’associazione Il Poggeschi per il carcere. Entrambe le associazioni portano avanti progetti di volontariato all’interno del carcere grazie all’articolo 17 dell’Ordinamento Penitenziario che prevede l’accesso per lo svolgimento di attività di risocializzazione e reintegrazione sociale. 

Volantino preparato dall’associazione A.Vo.C.

Entrare all’interno della struttura carceraria ha suscitato in me tante e confuse emozioni. Sicuramente non è un luogo accogliente, il percorso per arrivare al centro dell’edificio è preceduto da 12 cancelli che vengono aperti uno alla volta attraverso un pulsante azionato da una guardia. Si respira un clima di tensione e tristezza, quel giorno c’era il sole tuttavia l’atmosfera era cupa e grigia. Mi sono domandata che cosa comporti lavorare dentro un carcere, che effetto fa tornare a casa la sera dopo il lavoro sapendo che ci sono persone chiuse lì dentro, con nessuna prospettiva futura. Quante storie complesse, quanta fragilità, quanto abbandono. Quest’esperienza mi ha aperto gli occhi su molte verità nascoste riguardo al sistema carcerario e su quanto raramente vengano applicate e rispettate le norme previste dall’Ordinamento Penitenziario. Ho riscontrato una profonda ingiustizia e una scarsa attenzione ai diritti dei detenuti, nonché diritti inviolabili dell’uomo. Ci sono numerosi squilibri, e tutto ciò compromette seriamente la possibilità di un reale reinserimento nella società, condannando queste persone a un futuro privo di prospettive.

La Festa della famiglia si è svolta all’interno della sala cinema del cercare, organizzata con tavoli e sedie colorati, qualche volantino dell’evento e niente di più. Il cemento armato delle pareti è stato colmato dalla presenza di persone sorridenti e gioiose pronte a regalare ai detenuti un momento di serenità e incontro con i propri cari. Preparato l’occorrente per servire il pasto abbiamo atteso l’arrivo prima delle famiglie e successivamente dei detenuti. Non appena ho visto gli abbracci e gli sguardi intensi che i detenuti si sono scambiati con le proprie famiglie, ho percepito la fragilità e l’umanità profonda di queste persone. Il forte bisogno di condividere, di stare insieme, di distrarsi e di sentirsi a casa, che il più delle volte non gli è concesso. Osservavo queste persone tenersi per mano, alcuni avevano tanto da raccontarsi, altri erano più silenziosi. Per quanto ritengo che sia stato un momento prezioso, ho percepito le difficoltà e la fatica di godersi questo tempo insieme, consapevoli della brevità e unicità dell’occasione, destinata a concludersi troppo in fretta.
La gratitudine ricevuta è stata tanta, e questo dona valore al nostro servizio. Mi ci è voluto un po’ di tempo per metabolizzare l’esperienza ma ora posso dire che per la Dozza non è stata solo una settimana speciale, ma un momento necessario, una parentesi di umanità in un contesto che spesso la dimentica.

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