21 Mar IL SISTEMA CARCERARIO ITALIANO: UNA NUOVA DIREZIONE
A cura di Anna Serafini
Le problematiche del sistema penitenziario italiano trovano un parallelo, seppur con significative differenze, nel modello statunitense. A partire dagli anni ’70 la politica americana si è allontanata dalle strategie di riabilitazione, privilegiando misure punitive e rendendo quindi il recupero sociale un’eccezione piuttosto che una regola. La prigione diviene quindi un luogo di pura repressione e di contenimento per la protezione del pubblico. Tuttavia, alcune esperienze alternative hanno dimostrato risultati positivi. Strutture come il Penitentiary System in Minnesota hanno sviluppato programmi di formazione e reintegrazione simili a quelli previsti dall’Ordinamento Penitenziario, riducendo sensibilmente la recidiva. Il Minnesota Rehabilitation and Reinvestment Act (MRRA) sposterà l’attenzione dalla durata della pena alla qualità del tempo trascorso in carcere, incentivando le persone a partecipare a servizi che si sono dimostrati efficaci nella riduzione delle condotte scorrette.
Cosa possiamo fare
L’istruzione e il lavoro sono i migliori strumenti per prevenire la recidiva. Educare, dal latino educere, significa “condurre fuori”, “tirar fuori da” ovvero promuovere lo sviluppo della persona e facilitare la relazione tra la persona e la comunità. Il reinserimento sociale, pur essendo considerato una priorità dell’Ordinamento Penitenziario, sembra avere poca importanza nella definizione delle pratiche detentive. A causa di ciò, accade spesso che i detenuti, quando finiscono di scontare la pena, si ritrovano abbandonati a sé stessi e incerti sulla costruzione del proprio futuro. Per valorizzare le capacità e le competenze del singolo, è necessaria un’integrazione più stretta tra il sistema penitenziario e il mondo esterno, attraverso collaborazioni e progetti con il settore produttivo e imprenditoriale.
In Italia le carceri di Bollate e Nisida sono due modelli considerati di successo. In questi istituti detentivi, il settore educativo lavora per realizzare un percorso di riabilitazione volto a ricollocare i detenuti nella società.
Casa di Reclusione Milano Bollate
L’istituto di Bollate, aperto nel 2000, è considerato una delle carceri più di successo in Italia. Presenta strutture, servizi e ampi spazi dedicati alle attività lavorative e rieducative che sembrano funzionare in maniera soddisfacente. Quando il detenuto entra in carcere gli viene proposto un programma di trattamento in linea con le sue potenzialità che consiste in attività finalizzate alla sua fuoriuscita dal sistema delinquenziale. Il reinserimento del detenuto in società è considerato la priorità, come dice l’articolo 27 della Costituzione, il fine della pena deve essere rieducativo. Secondo gli ultimi dati raccolti dal CNEL, Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, se il detenuto ha lavorato, il tasso di recidiva diminuisce significativamente, dal 70% al 2%. Proprio per questo, per evitare fenomeni di prisonizzazione, che una volta fuori comportano esclusione sociale e stigmatizzazione, l’organizzazione di un carcere deve essere il più simile possibile a quella del mondo esterno, ed è quello che sta provando a fare Bollate con i suoi progetti.
Istituto Penale per i Minorenni di Nisida
Il carcere di Nisida, appartenente all’arcipelago delle isole Flegree, è considerato uno dei carceri minorili italiani di riferimento. Una grande differenza rispetto al carcere per adulti è data dai numeri, qui gli operatori lavorano con una 50ina di ragazzi il che rende più semplice costruire un rapporto individualizzato. Per ogni ragazzo/a viene costruito un progetto di recupero. A tal fine, l’istituto coopera con diverse associazioni per lo svolgimento di attività lavorative. Uno degli aspetti centrali di cui si occupano gli educatori è quello ti tentare di creare un ambiente attento alla cura dei ragazzi, cura come attenzione ai bisogni e alle necessità del singolo. “Nella stragrande maggioranza degli operatori c’è un quotidiano desiderio di mettersi in gioco, di costruire qualcosa, di attivare una dinamica e quindi di tenere in movimento questa macchina, questa esperienza” sono le parole di Gianluca Guida, direttore dell’istituto penale.
È bene tenere conto di queste realtà positive come modelli di riferimento per lo sviluppo e la costruzione di un miglior sistema carcerario, pur considerando che la maggior parte delle carceri italiane hanno evidenti problemi sia strutturali che educativi. Non si può che affermare quindi, che purtroppo, ancora oggi, il carcere da un lato neutralizza e inibisce, dall’altro produce diversità e disuguaglianze.
Fonti:
https://ristretti.org/il-sistema-carcerario-italiano-non-e-tutto-da-buttare-bollate-e-nisida-sono-modelli-di-successo
https://www.ilpost.it/2024/07/14/perche-carcere-bollate-modello/
https://www.antigone.it/upload/images/5390intervistaGuidacompleta.pdf