
21 Mag Referendum: quello che lo Stato non ti spiega, te lo diciamo noi.
a cura di Larisa Elena Ciobanoiu
L’8 e il 9 giugno, gli italiani saranno chiamati alle urne per esprimersi su una serie di quesiti referendari. O almeno, così dovrebbe essere.
E se non ne sapevi nulla, tranquillo, non sei distratto tu: è che nessuno te l’ha voluto dire. A pochi giorni dal voto, l’atmosfera è fredda: niente spot istituzionali, niente dibattiti televisivi, nessun segnale concreto che ricordi ai cittadini l’imminente consultazione popolare. È come se questo referendum fosse un segreto da tenere nascosto.
Il diritto di votare (e di sapere).
Il referendum è uno degli strumenti più diretti della democrazia. Lo dice la Costituzione, all’articolo 75. Ma per votare consapevolmente, serve prima di tutto sapere che si vota. Eppure, lo Stato sembra aver dimenticato il suo compito più semplice: informare.
Nessuna campagna divulgativa, pochi articoli sui media mainstream e zero coinvolgimento dell’opinione pubblica. È un silenzio assordante che solleva più di una domanda. A cosa serve un referendum se nessuno sa che c’è?

Riccardo Magi, parlamentare di Più Europa, si è presentato travestito da fantasma durante il premier time, in segno simbolico di protesta contro il silenzio del governo sul referendum.
Ma quindi… su cosa si vota?
Sì, perché il paradosso è proprio questo: non solo non ci stanno dicendo che si vota, ma nemmeno su cosa. E invece i temi in gioco sono tutt’altro che secondari: si parla di lavoro, diritti, precarietà, cittadinanza. Temi concreti, quotidiani, che riguardano milioni di persone.
Il referendum dell’8 e 9 giugno 2025 propone cinque quesiti abrogativi, quattro dei quali riguardano il diritto del lavoro e uno la cittadinanza. Per ciascun quesito, l’elettore potrà votare “Sì” per abrogare la norma esistente o “No” per mantenerla.
Il primo quesito riguarda i licenziamenti illegittimi e il reintegro all’attività lavorativa. Ad oggi, grazie al Jobs Act, se vieni cacciato in maniera illegittima dal proprio posto di lavoro, ottieni solamente un’indennità economica. Con il “Sì” verrebbe abrogato e si ritornerebbe alla possibilità di riavere il proprio lavoro.
Il secondo tema è strettamente collegato al primo, ma si concentra sulle piccole imprese. Ad oggi il giudice può concedere al massimo sei mensilità a chi viene licenziato senza giusta causa. Il referendum vuole eliminare questo limite, lasciando al giudice la libertà di decidere in base a criteri come anzianità e situazione del lavoratore.
Poi c’è la questione contratti a termine e precariato. Hai presente il Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81, piuttosto generoso con i datori di lavoro, che ha reso molto più facile assumerti a tempo determinato, senza dover giustificare il motivo? Il referendum propone di abrogarne alcune parti e tornare all’obbligo di indicare perché il contratto non è a tempo indeterminato. Un passo contro la precarietà.
Il quarto quesito riguarda la responsabilità solidale negli appalti. Immagina un lavoratore che si fa male in un cantiere: oggi, se non è dipendente diretto dell’azienda principale, il committente può lavarsene le mani. Con il “Sì”, anche il committente tornerebbe ad avere delle responsabilità dirette, aumentando così la tutela dei lavoratori.
Infine, un tema caldo, culturale e identitario: la cittadinanza italiana. Oggi uno straniero deve risiedere in Italia per almeno dieci anni prima di poter richiedere la cittadinanza. Il referendum propone di abbassare la soglia a cinque. Più inclusione, meno attese. Soprattutto per chi, magari, in Italia ci è cresciuto.
I quesiti referendari hanno quorum separati, se un quesito non ti interessa, puoi comunque votare gli altri. Ricorda inoltre, che per ciascuna proposta, il referendum sarà valido solo se parteciperà al voto almeno il 50% più uno degli aventi diritto. E forse, ora, capisci perché stiamo assistendo ad un silenzio istituzionale.
Non solo un referendum: ma anche vite.
Il lavoro e la cittadinanza non sono parole astratte da trattare come note a margine. Sono ciò che permette a una persona di costruirsi una vita degna. Di avere diritti. Di sentirsi parte di qualcosa.
Se sei un giovane lavoratore, molto probabilmente ti è già successo: un contratto a termine di tre mesi rinnovato ogni volta all’ultimo, sempre senza spiegazioni. Questo referendum parla anche di te. Il diritto al lavoro sicuro e stabile non è un privilegio: è una base minima.
E lo stesso vale per la cittadinanza.
Chi scrive questo articolo vive in Italia da oltre 15 anni. Qui ho studiato, lavoro, pago le tasse, contribuisco ogni giorno alla società in cui vivo.
Ma sulla carta, sono ancora “straniera”. Un termine che non rispecchia più la realtà, ma che continua a definire la mia posizione giuridica.
Ecco perché questi quesiti non sono tecnicismi. Perché parlano di storie vere, di persone in carne e ossa, di giovani precari, di famiglie, di chi aspetta da anni di sentirsi parte di un Paese che già chiama casa. Parlano di noi.
Ma se nessuno lo dice, se nessuno lo racconta, come possiamo davvero scegliere?

Manifestazione a Roma di Non Una di Meno, in occasione della Giornata internazionale della donna 2023 (Cecilia Fabiano/LaPresse)
Se la democrazia è muta, chi le dà voce?
L’8 e 9 giugno, non restare in silenzio anche tu.
Fonti:
https://www.comune.bologna.it/informazioni/informazioni-referendum-giugno-2025
https://referendumcittadinanza.it/faq/
https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2025/05/13/referendum-richiamo-dellagcom-a-tutte-le-emittenti-_316e4ded-e090-4e05-ac4f-d101985904dc.html