26 Giu Intervista a Sara Bassi
a cura di Giulia Armuzzi
Sara Bassi è autrice, insieme a Stefano Martello, de “Il podcast per il Terzo settore”, CSV Napoli, 2021.
1.Come nasce questo interessante saggio sul podcast per il terzo settore? E perché ritieni che il podcast possa essere uno strumento utile per le organizzazioni?
Avevo scritto un articolo per la rubrica di #ferpi2be tenuta da noi ragazzi sul sito di FERPI in cui raccontavo alcuni casi studio di istituzioni e organizzazioni che hanno utilizzato i podcast per comunicare. Da quell’articolo è nato un confronto interessante con Stefano Martello, giornalista ed esperto comunicatore con cui ho avuto il piacere di collaborare anche nel progetto di Restart Program di Ferpi Triveneto. E poi, l’idea e la voglia di raccontare questo mondo e le sue potenzialità a chi ancora non lo conosce. Sono sempre stata un’assidua ascoltatrice di podcast, specialmente di quelli improntati sulla formazione, e da più di un anno mi ci sono proprio immersa, studiandoli anche dal punto di vista della comunicazione.
Il podcast, porta con sé due grandi punti di forza: la voce e la libertà di fruizione. La voce rende la comunicazione umana, calda, suscita emozioni e fa affezionare. Genera fiducia e credibilità, entrando nella sfera intima delle persone. Ed è tra i mezzi più potenti per raccontare una storia, elemento che permea ormai qualsiasi tipo di comunicazione. L’altro punto, la fruizione, è dato dal fatto che mentre si ascolta si possono svolgere altre mansioni perché si hanno le mani libere. Non siamo costretti a guardare lo schermo come per i video. Così, il podcast si incastra perfettamente con la nostra routine, andando ad arricchire momenti interstiziali, spesso noiosi, come le faccende domestiche o gli spostamenti.
Questi due punti hanno aiutato e aiutano le organizzazioni a trasmettere i propri valori attraverso contenuti originali e ad avvicinarsi alle persone in momenti in cui sono molto attente e ricettive, proprio perché l’ascolto di un podcast è volontario.
2.Ho trovato molto interessante il primo capitolo del testo, in cui vi siete concentrati sulla struttura tecnica del podcast e sulle sue fasi di costruzione. Ritieni che lo strumento possa essere adatto anche a piccole organizzazioni che spesso non dispongono di ingenti risorse finanziarie?
L’avanzamento tecnologico ha reso questo formato accessibile a chiunque. Oggi è possibile iniziare anche registrando semplicemente la propria voce dallo smartphone. Poi, esistono software gratuiti con cui montare le puntate, librerie musicali da cui attingere per arricchire il proprio podcast e piani free con cui pubblicarlo sulle piattaforme di ascolto. Molti amatori hanno iniziato con poco e piano piano hanno investito per ottenere una qualità tecnica migliore. Sicuramente, anche la pratica aiuta a migliorare e a trovare uno stile caratterizzante.
L’elemento cruciale, però, rimane il contenuto, su cui andrebbe concentrato lo sforzo maggiore. È importante trovare il proprio argomento/storia da raccontare e la modalità con cui trasmetterla ai propri ascoltatori. Il podcast è un formato molto versatile e trasversale, si adatta a tantissimi temi e il limite è rappresentato solamente dalla creatività e capacità degli autori. Per comprenderlo appieno è sufficiente farsi un giro nelle piattaforme di ascolto ed esplorare le diverse produzioni, professionali e non.
3.Quali sono i potenziali effetti comunicativi e relazionali innescati da un bel podcast?
Un bel podcast sicuramente fidelizza l’ascoltatore, lo fa affezionare allo/agli speaker e al prodotto, effetto che si può utilizzare per portare l’ascoltatore su altre nostre piattaforme come il sito web o per veicolare altri contenuti. Lo stesso capitale di fiducia permette anche di ospitare spazi più promozionali senza creare noia, specie se trasmessi direttamente attraverso la voce del conduttore. Un po’ come accade anche per gli YouTuber. Inoltre, il fatto che l’ascolto sia volontario assicura un’attenzione più elevata e maggiore ricettività per un tempo che sembra un’infinità al giorno d’oggi in cui i formati prevalenti sono molto corti. Nell’indagine di Nielsen per Audible del 2020 si parla di 24,5 minuti medi di ascolto, che arrivano fino a 31 negli utenti più affezionati.
Poi, sicuramente è anche interessante il profilo che è stato delineato degli ascoltatori: giovani, generalmente istruiti e persone influenti nelle loro cerchie relazionali. Dunque, può verificarsi anche quell’effetto passaparola tanto ricercato. D’altra parte, penso che la parola chiave di questo mondo in particolare, ma dei contenuti in generale, sia “intrattenere”. Inteso come regalare un’esperienza al pubblico lasciando quel qualcosa in più che poi lo fa tornare. Che sia un’informazione nuova, un nuovo punto di vista, un racconto (vero o di fiction) o solamente una sensazione. E in questo, nel creare un’esperienza, il podcast ha un enorme vantaggio dato dalla voce umana.
I brand utilizzano la formula del branded podcast per intrattenere con contenuti originali e interessanti per il proprio pubblico, veicolando valori aziendali senza cadere nel carattere promozionale. Su questo fronte sono molto interessanti i lavori realizzati da VOIS, start up italiana che si occupa proprio di branded podcast.
Il consiglio di lettura di Sara Bassi sul tema.
Esistono diversi libri sul tema, che abbiamo citato in coda al saggio, tutti molto recenti e di autori con background diversi, quindi anche con sfumature diverse. Ma forse il consiglio più immediato che si può dare, trattandosi di contenuti audio, è quello di ascoltare. All’interno dei paragrafi vengono menzionati molti esempi che rappresentano un buon punto di partenza. Sicuramente partirei da “Veleno” di Pablo Trincia, realizzato per Repubblica, che rimane un caposaldo di come realizzare un podcast, sia dal punto di vista del contenuto, sia per quanto riguarda la forma. Poi, spaziare, dai branded podcast a quelli delle associazioni e dei professionisti, dalle produzioni professionali alle produzioni amatoriali e indipendenti.
La creatività nel ‘come’ raccontare un tema o una storia, in questo formato fa molta differenza e ascoltando molto si possono prendere diversi spunti. Ultimamente sto ascoltando “Demoni Urbani” de Gli Ascoltabili condotto dall’attore Francesco Migliaccio. Si tratta di una serie di puntate autoconclusive dove vengono raccontate le storie dei crimini più efferati di questo Paese nella prima stagione e di altri paesi nella seconda. Trovo che sia un ottimo esempio di creatività autoriale.
I libri citati in coda al saggio sono:
- Chiara Boracchi, Branded Podcast. Dal racconto alla promozione come “dare voce” ad aziende ed istituzioni culturali, Dario Flaccovio, 2020.
- Damiano Crognali, Podcast. Il nuovo rinascimento dell’audio, ROI Edizioni, 2020.
- Gaia Passamonti, Podcast Marketing. Dare voce al brand per una content strategy di successo, Hoepli, 2020.
- Luigi Lupo, La radio di contenuto ritorna sul web, Meltemi, 2019.
Sara Bassi (1994) è Content Specialist per organizzazioni profit e non profit. Ha conseguito la laurea magistrale in Strategie di Comunicazione presso l’Università di Padova e nel 2020 ha co-fondato su Facebook la community per studenti e giovani professionisti della comunicazione Raise Your Skills. Già responsabile della logistica digitale nell’ambito del progetto Restart Program, ospitato dalla Delegazione Triveneto di FERPI (Federazione Relazioni Pubbliche Italiana), lavora come responsabile della Comunicazione in ambito business to business.