13 Nov La parola della settimana: ADVERTISING (prima parte)
a cura di Alessia Selvatici
In che modo la pubblicità comunica con la nostra mente?
Partiamo dal significato letterale del termine. Per «advertising» si intende una forma di comunicazione a pagamento commissionata da un soggetto riconoscibile attraverso i mezzi di comunicazione per diffondere i propri prodotti ed influenzare le scelte di consumo del pubblico (target).
Si calcola che una persona veda in media tra i trecento e i tremila annunci ogni giorno; il tempo che la televisione dedica alla pubblicità è pari al 16% dell’intera programmazione.
Come la pubblicità riesca a farci comprare praticamente qualsiasi cosa è oggetto di ricerca da sempre. Possiamo fingere di essere immuni all’advertising, ma Tyler Durden, protagonista del film Fight Club, sa che non è così:
“La pubblicità ci mette nella posizione di desiderare auto e vestiti: ci ammazziamo di un lavoro che odiamo per poterci comprare idiozie che non ci servono affatto…”
Tyler esprime ai membri della sua bizzarra congrega l’amarezza di sentirsi appartenente ad una società che punta a far acquistare i propri prodotti. Non ha del tutto torto. Noi viviamo in un mondo nel quale siamo costantemente bombardati da messaggi persuasivi che pretendono di catturare la nostra attenzione; il 99% di essi viene ignorato.
Solo i messaggi “brain-friendly” hanno successo, in quanto sono in grado di parlare in modo chiaro e piacevole alle persone, toccando le corde emozionali più profonde.
Pensandoci bene infatti, gli spot pubblicitari che sono rimasti impressi nella nostra memoria si contano sulle dita di una mano. Perché succede questo?
La memoria è considerata un fattore cruciale della psicologia della pubblicità, in quanto rappresenta il primo elemento su cui innescare una comunicazione col destinatario: ripetizione costante, grande impatto sensoriale, creatività, diversificazione e intelligenza nella trasmissione del messaggio sono le chiavi per far sì che il consumatore ricordi lo spot pubblicitario.
La maggior parte degli studi sulle campagne pubblicitarie indagano l’efficacia del messaggio in termini di memoria esplicita, che si attiva quando intenzionalmente cerchiamo di ricordare qualcosa. Gli studiosi infatti, si sono concentrati su quanto i partecipanti che ascoltavano un certo messaggio ne ricordavano i contenuti, oppure sul cambiamento di atteggiamento nei confronti di un prodotto.
Il punto è che spesso il comportamento d’acquisto dei consumatori non è legato ad un recupero consapevole e razionale delle informazioni depositate in memoria, ma è piuttosto una scelta intuitiva.
Una pubblicità si può considerare realmente efficace nel momento in cui è in grado di creare goodwill verso il prodotto, cioè evocare il desiderio e la convinzione che quel prodotto rappresenti una soluzione valida. In questo modo il consumo appare progressivamente trasformato in comunicazione. Gli individui infatti, ricercano nei beni che acquistano, oltre all’utilità funzionale, un modo per esprimere sia lo status sociale al quale appartengono, sia la cultura con la quale sono integrati (life style).