28 Mag La seconda parte dell’intervista a Roberta Zarpellon.
a cura di Giulia Armuzzi
Restart Program è un progetto corale della Delegazione Ferpi Triveneto di cui Filippo Nani è responsabile. Roberta Zarpellon è curatrice e coordinatrice insieme a Stefano Martello. Il progetto è seguito anche dal Gruppo di lavoro FERPI TRIVENETO, formato da Emanuela Fregonese, Francesca Serena Fronzoni, Ada Sinigalia, Alessandra Veronese e dal Gruppo di lavoro UNIFERPI, di cui fanno parte Mattia Necchio (coordinatore), Federica Giordano (coordinatrice), Sara Bassi, Elia Brooks, Giada Carli, Sonia Jacob, Margherita Papi, Marta Beatrice Venutoli.
La settimana scorsa CommToAction ha pubblicato la prima parte dell’intervista a Roberta Zarpellon, ecco le altre domande che abbiamo voluto farle per conoscere meglio Restart Program.
- Perché la comunicazione interna risulta essere fondamentale nella situazione di crisi?
La comunicazione interna è stata la vera protagonista di gran parte del periodo di lockdown appena trascorso. Forse, per alcuni, una vera riscoperta, dopo anni nei quali si è molto parlato ed agito più pensando a come comunicare all’esterno della propria organizzazione. Per capire il suo ruolo, credo sia utile partire dalle considerazioni che sono emerse nel corso dei primi due webinar di Restart Program, curati da Emanuela Fregonese, Stefano Martello e Alessandra Veronese. Abbiamo insieme riflettuto sull’importanza di gestire e non subire gli eventi, di avere un atteggiamento pro-attivo rispetto al cambiamento in atto ma, soprattutto, di accettare paure e fragilità e di plasmarle con azioni consapevoli in un processo coerente ai valori dell’organizzazione. Oggi, per riprendere la produttività, il primo passo da compiere è quello di comunicare e informare dipendenti, collaboratori, parti sociali, manager, opinione pubblica su come s’intende garantire la sicurezza e cosa viene chiesto a ciascuno per preservare la salute. E’ uno sforzo di chiarezza e trasparenza che impatta profondamente sul clima aziendale e senza il quale si lascia spazio alla paura e al dubbio di serpeggiare. Qui interviene il comunicatore, trovando il giusto tono di voce, strutturando percorsi informativi e comunicativi, creando quel terreno di fiducia senza il quale difficilmente si possono affrontare le sfide. E’ solo un punto di partenza che, però, ci porta diritti proprio al tema che avrebbe dovuto non a caso essere quello della prossima edizione di INSPIRING PR, l’evento di relazioni pubbliche organizzato ogni anno dalla Federazione Relazioni Pubbliche italiana a Venezia. Di fatto, la comunicazione interna si è dimostrata un collante che, in un momento di incertezza, ha tenuto saldi e insieme tutti i pezzi del mosaico, o, se si preferisce, una barca che ha caricato tutte le anime durante la traversata nel mare in tempesta dell’instabilità. Grazie alla comunicazione interna abbiamo capito che si può rinsaldare la resistenza dei singoli e ammortizzare i colpi arrivando a creare uno “scudo protettivo”. Le aziende che hanno con efficacia e coerenza impostato una strategia di comunicazione interna mettendo mano al loro portafoglio di valori, se hanno agito coerentemente, con trasparenza, oggi possono godere di un patrimonio certamente aumentato. Un bel gruzzolo che, direi, potrà essere già speso per gestire il momento successivo, forse il più turbolento di tutta la crisi, dove l’unica cosa che non dobbiamo fare è quella d’abbassare la guardia.
- Crede che una crisi globale come quella del covid-19, possa in qualche modo mutare l’approccio del comunicatore?
Certamente l’approccio del mercato, dei clienti. Le proiezioni economiche per i prossimi due anni ci indicano un calo drastico dei consumi, del potere d’acquisto, dell’economia in generale. Stiamo avvicinandoci a mesi difficili, che richiederanno ai comunicatori di ripensare al proprio ruolo, alzare l’asticella delle competenze acquisendo know how su nuovi ambiti e assumersi nuove responsabilità. Il punto di partenza non cambierà, però. Sarà sempre importante partire dall’ascolto; ci affideremo forse un po’ di più ai dati, ai numeri, per orientarci e capire le dinamiche ma quello che rimarrà e, ancor più, si rafforzerà, è la capacità di lettura dei segnali esterni ed interni, di inclusione delle istanze, di valutazione delle diverse sollecitudini che arriveranno e dovranno essere gestite in modo organico, fluido e molto flessibile. Dove c’è una crisi c’è anche un’opportunità. Per questo, adesso, dove tutto appare ancora confuso, credo che il comunicatore debba far affidamento a bussole come il Mandato di Melbourne, il documento sul futuro delle Rp approvato nel 2012 dal World PR Forum nel quale si definisce che “il compito delle relazioni pubbliche è quello di costruire e mantenere relazioni forti tra un’organizzazione e i suoi pubblici, e, così facendo, dare un contributo cruciale alla società”. Evidenzio la parte finale di questa definizione e invito i lettori a leggere con attenzione il documento. In questa dimensione di “contributo alla società” sta il nuovo approccio del comunicatore post covid-19, il riconoscimento delle dimensioni della sua responsabilità sociale, organizzativa, professionale e individuale, la sfida alla creazione di una nuova cultura del coinvolgimento dove risiede quel ruolo di tessitore sociale del quale oggi si dibatte nella comunità professionale.
- Come, il suo progetto, può aiutare le aziende ad affrontare la fase 2?
Restart Program nasce dal desiderio di riflettere sul contributo che la comunicazione e i comunicatori possono offrire nelle situazioni di crisi. I fronti aperti, in sintesi, sono due. Il primo è certamente quello interno, nel quale i comunicatori si interrogano su approcci, metodologie e contenuti e, quindi, su come accrescere o modificare la competenza e la capacità d’affrontare questo tipo di situazioni. In questo senso il progetto si propone d’offrire un percorso di condivisione sul quale ciascun professionista può innestare la propria conoscenza pregressa ma, anche, fornire un’occasione di confronto, perché oggi è molto difficile pensare di percorrere da soli le nuove strade. Il secondo aspetto sostanziale è la diretta applicazione di questo bagaglio a favore di aziende, organizzazioni e istituzioni oggi impegnate nella fase 2. Il mio augurio è che Restart Program sia uno stimolo per aumentare il riconoscimento del ruolo del comunicatore; non solo fornitore di servizi, come l’ufficio stampa, la gestione dei social media, tanto per dirne due molto comuni, ma un supporto strategico in grado di apportare vero valore e soluzioni. In questo, il progetto è, di fatto, un lungo filo rosso che permette alle aziende di sostenere la fase 2 organizzando al meglio la proprio comunicazione. Molte aziende avranno forti ripercussioni dalla crisi economica. I comunicatori potranno aiutare a tenere il timone dritto, a mantenere la reputazione dell’impresa ad un livello sufficiente per garantire, ad esempio, opportunità e relazioni di credito utili per la propria attività. Trasparenza, fiducia, credibilità saranno parole chiave con le quali ci dovremmo misurare e sulle quali verremo misurati.
Roberta Zarpellon è fondatrice e consulente in comunicazione e relazioni pubbliche di Traguardi. È giornalista, formatrice e coordinatrice del “Gruppo Comunicare le professioni intellettuali” di Ferpi.