24 Apr La parola della settimana: scienza
di Anna Luna Di Marzo
Scienza: complesso organico e sistematico delle conoscenze che si possiedono intorno a uno o più ordini di fenomeni naturali; insieme delle conoscenze organizzate che permettono di accertare verità universalmente valide (Garzanti, Dizionario enciclopedico).
Comunicare la scienza è possibile? E se sì, quali sono gli strumenti più idonei?
Se pensiamo ai primi divulgatori scientifici della storia, non possiamo non citare Galileo e Darwin. Sono stati i primi a comunicare la scienza con metodi innovativi, per i tempi: il primo scelse per il proprio trattato la lingua volgare, e non in latino; il secondo, ha utilizzato una formula narrativa tale da attirare l’attenzione del lettore, assicurando la consultazione del raconto. Perché è importante citare questi due esempi? Perché mostrano come fosse importante all’ora, e come lo sia ancor di più oggi, riuscire a farsi comprendere da tutti, e non solo da un pubblico specializzato. Ancor di più rispetto ad un argomento che impatta sulla nostra stessa vita.
Ma perché è importante comunicare la scienza?
Un’interessante risposta a questa domanda ci viene fornita da Telmo Pievani, filosofo della scienza ed evoluzionista che sostiene come la scienza sia “una forma di cultura e contribuisce all’immaginario collettivo”.
E’ importante, dunque, ricordarsi che scienza e cultura appartengono allo stesso mondo, a differenza di ciò che molti pensano.
Quando parliamo di comunicazione della scienza, è importante non dimenticarsi di considerare i cosiddetti lettori non specializzati. Il pubblico a cui un ricercatore si rivolge è tendenzialmente, a sua volta, un esperto del settore. Ma oggi, più che mai, in un’epoca in cui i mezzi di comunicazione sono cambiati e si rivolgono sempre più alla massa, è fondamentale scegliere con cura l’approccio con cui ci si rivolge al pubblico. Diversi pubblici implicano l’utilizzo di diversi timbri narrativi.
E’ importante far uscire la narrazione della scienza dai luoghi tradizionali ed accademici, e riuscire a introdurla anche nei nuovi scenari e nelle nuove declinazioni strumentali.
Rivolgersi a tutti non significa però rendere superficiale un contenuto quasi sempre molto complesso, bensì modellare il registro narrativo sul pubblico con cui ci stiamo relazionando.
E’ quindi fondamentale fare attenzione all’argomento trattato; allo stile comunicativo; al mezzo di comunicazione che si intende utilizzare.
Per avvicinare il pubblico alla scienza è importante parlare di ciò che il pubblico vuole sapere, coinvolgendolo ed informandolo. Il pubblico specializzato cerca la scienza; quello generalista deve essere attirato dalla scienza.
E’ inoltre importante mettere in moto un tentativo per riuscire ad andare oltre i pregiudizi propri e del pubblico ad una funzione che è sempre più pubblica e diffusa. Serve, dunque, collaborazione tra scienziati e comunicatori.
“Se il confronto con i fatti della realtà è il minimo comune denominatore di tutti i modi di fare scienza, colpire emotivamente è il minimo comune denominatore di tutti i modi di comunicare.” La scienza vive di termini tecnici e specifici, la comunicazione di linguaggi condivisi.
Comunicare la scienza prevede, dunque, che il comunicatore non si dimentichi della potenza dell’emotività nelle interazioni e del ruolo rivestito dalla fiducia. E’ fondamentale, perciò, passare da un rapporto di asimmetria tra ricercatore e pubblico, a una comunicazione simmetrica.
Farsi comprendere, eliminando ogni forma di vaghezza, è la chiave per riuscire nel tentativo di comunicare la scienza.
Secondo la tesi sopra proposta, comunicare la scienza è dunque possibile. Sfida del comunicatore è riuscire a mettere in pratica una comunicazione semplice ed onesta, in grado di soddisfare le richieste dei propri pubblici, avvicinandoli a tematiche spesso apparentemente lontane dal proprio vissuto, nel rispetto dei termini che da sempre e a prescindere dal tema contraddistinguono una interazione: la fiducia e l’autorevolezza.