Intervista a Katia Prando

Giulia Armuzzi per Comm to Action ha intervistato Katia Prando per approfondire il suo primo volume “Nel Mare” e la partnership con il Centro Antiviolenza Hara.

a cura di Giulia Armuzzi

Buongiorno Katia, grazie per aver accettato di rispondere alle nostre domande. Per quasi tutti noi il Mediterraneo è un mare calmo, quasi per famiglie. Nel suo romanzo scopriamo che non è così, che dietro la placidità si nasconde anche la sofferenza di alcuni e la ferocia di altri. Ci puoi offrire qualche dato per inquadrare in poche battute il fenomeno?

Ciao Giulia, prima di tutto grazie per la lettura attenta del mio romanzo e per avergli dedicato la tua Bibliotip. Rispondo subito alle tue interessanti domande.

Le cifre comunicate da fonti ufficiali, che cito anche nel romanzo, dicono che 1 migrante su 6 muore in mare. Senza contare però, gli uomini e le donne che non ci arrivano a compiere la traversata del Mediterraneo perché muoiono nel lungo viaggio attraverso il deserto. È lo stesso viaggio che fa Destiny, la protagonista, e che racconto nel romanzo: prima dalla Nigeria fino in Libia attraverso il Sahara (quasi 5.000 chilometri). E poi da Tripoli fino in Sicilia attraverso il Mediterraneo.

La Sicilia e il Mediterraneo, come dici bene tu, sono anche scenario di vicende più liete, come nel caso dell’altra protagonista, una madre single in vacanza con la figlia, che però vive una disavventura in quel mare. Ho voluto mettere a confronto due diversi modi di sperimentare il mare.

 

Nel suo romanzo utilizza un linguaggio crudo ed essenziale. Quanto è importante la scelta del timbro narrativo nella creazione di una storia?

In questo romanzo, ho lavorato molto sullo stile per mantenere in equilibrio le due parti, l’una raccontata in terza persona (la storia di Destiny) e l’altra in prima (la storia della madre single). Nell’Epilogo viene svelato il perché di questa doppia voce. E mi sono ispirata alla misura e all’essenzialità dei grandi autori nigeriani, primo fra tutti Achebe, che ha raccontato eventi tragici con una tale misura e nettezza da imprimerli nel lettore più che se avesse usato le parole come pugnali.

 

Il suo libro è anche un ottimo esempio di partnership con il centro antiviolenza Hara. Ci può spiegare meglio i termini di questa chiamata all’azione e ciò che vi aspettate dal progetto?

Ho conosciuto il centro antiviolenza Hara tramite Simona D’Alò, una delle sue operatrici nonché donna eccezionale, in occasione della presentazione di un libro sul femminismo, di cui ero mediatrice. Da lì, da questa conoscenza, è nata l’idea di unire le voci femminili del mio romanzo al coro delle donne che dicono no alla violenza, sia che la subiscano in prima persona, sia che vogliano aiutare chi la subisce a uscirne, in modo che le presentazioni e la comunicazione legata al libro facessero da volano per la divulgazione delle attività del centro Hara.

 

Il consiglio di lettura di Katia Prando.

Da book blogger, ti direi di andare sul mio sito https://viaggiareleggendoblog.wordpress.com e vedere le diverse proposte di lettura. Ma se proprio vuoi un titolo, per non fare torto a nessuno, allora ti consiglierei di leggere anche il mio secondo romanzo, PREFERISCO NON TORNARE: ambientazione italiana, tempo presente, protagonista femminile. Trovano spazio temi attuali (impatto del covid sulla quotidianità, hikikomori, sette pseudoreligiose e manipolazione, rapporto genitori-figli, relazioni interpersonali, perdita), con elementi di suspense e colpo di scena finale.

Katia Prando è laureata in lingue e letterature straniere e lavora come traduttrice ed editor. Ha un blog di libri www.viaggiareleggendoblog.wordpress.com  Pratica yoga, pallavolo, la corsa lenta e la camminata veloce. “Nel Mare” è il suo romanzo d’esordio.