La parola della settimana: PRIVACY ONLINE

A cura di Alessia Selvatici

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Come accennato nello scorso articolo, nell’era di Internet la privacy online è sempre più minacciata. Ci siamo quasi rassegnati a rinunciare ad alcuni aspetti fondamentali della nostra privacy per comodità nell’uso di telefoni e computer. Consideriamo normale essere monitorati dalle aziende e persino dai governi e siamo consapevoli che il prodotto venduto agli inserzionisti è la nostra attenzione.

Shoshana Zuboff, professoressa alla Harvard Business School, ha coniato il termine “capitalismo della sorveglianza” per descrivere questo nuovo ordine economico che sfrutta l’esperienza umana sotto forma di dati, come materia prima, per pratiche commerciali.

Questo argomento è stato trattato anche in ambito cinematografico. Tra i titoli che mostrano il lato oscuro di Internet e dei social media troviamo The Social Dilemma e Snowden.

Un altro documentario significativo è The Great Hack – Privacy violata, offerto da Netflix, che esplora l’oscuro mondo dello sfruttamento dei dati informatici focalizzandosi in particolar modo sulla campagna elettorale mediatica che Cambridge Analytica, impresa esperta in analisi di dati, ha realizzato per Donald Trump in occasione delle elezioni presidenziali del 2016.

Secondo il Times, Cambridge Analytica ha raccolto i dati di più di 50 milioni di utenti di Facebook, la maggior parte dei quali provenienti dagli Stati Uniti, senza il loro consenso, per profilarli e per indirizzarli in varie campagne politiche. La notizia ha messo la Cambridge Analytica sotto inchiesta e spinto Facebook nella più grande crisi reputazionale di sempre.

Come se questo non bastasse, The Times e The Observer hanno riportato accuse secondo cui la campagna “Brexit” del 2016 ha utilizzato un appaltatore di Cambridge Analytica per aiutare a superare il budget elettorale in modo da far oscillare i risultati a favore del ritiro della Gran Bretagna dall’Unione europea.

Dunque, siamo arrivati al punto in cui anche le nostre decisioni politiche potrebbero essere influenzate.

Pensate che gli utenti di Internet negli Stati Uniti hanno addirittura meno protezioni della privacy rispetto a quelli di altri paesi. Mentre l’Unione Europea ha colpito Google con ben tre multe antitrust dal valore di miliardi di dollari, negli USA, il Congresso ha votato per consentire ai fornitori di servizi Internet di raccogliere e vendere i dati online dei propri clienti.

Nel 2019 però, lo stato del Wyoming ha approvato una legge che rende i dati digitale di proprietà privata: ora i suoi cittadini hanno il diritto di possedere i loro dati e possono decidere per cosa possono essere utilizzati.

Questo fa ben sperare che, in futuro, i legislatori prendano posizioni più radicali a riguardo.

Per ulteriori approfondimenti, visita il sito di The Social Dilemma e in particolare la sezione Take action, se vuoi migliorare la tutela della tua privacy online.