30 Ott Il discorso di Richard Edelman alla PRCA UK National Conference 2020.
Traduzione a cura di Lorenzo Canu e Daniela Rodighiero
Il mio messaggio principale oggi è: abbiamo bisogno di un cambiamento radicale in quello che facciamo e nel modo in cui aggiungiamo valore ai clienti. Questo è il momento di rivalutare il nostro approccio alla soluzione dei problemi, di ampliare la nostra idea di cosa significhino Relazioni Pubbliche efficaci. In un mondo cambiato per sempre dal Covid, non dobbiamo solo promuovere le vendite e far progredire la reputazione, ma dobbiamo anche migliorare la fiducia nelle aziende che sosteniamo, infondendo al contempo fiducia nelle istituzioni globali che formano il quadro della nostra società.
Oggi, vorrei che il nostro settore passasse dalla difesa all’attacco. Voglio che riusciamo a far cambiare ora i clienti, non che si aspetti una crisi per forzarli. Voglio che siamo abbastanza coraggiosi da non rispondere letteralmente al brief del cliente. Voglio che riconsideriamo la strategia e che raccomandiamo l’azione che crea un momento catalitico per un’azienda o un marchio. Solo allora potremo comunicare e anche quello dobbiamo farlo in modo diverso.
Come in una commedia, ho impostato il discorso in tre atti. In primo luogo, prenderò in considerazione le forze culturali e i cambiamenti tettonici che richiedono una nuova missione per le RELAZIONI PUBBLICHE. In secondo luogo, offrirò un nuovo framework per il settore delle pubbliche relazioni. Terzo, prenderò in considerazione l’aspetto pratico di questa missione e come potremmo realizzarla.
Atto primo: I cambiamenti tecnologici, politici, sociali e ambientali hanno scosso le principali istituzioni della società negli ultimi due decenni. Quindi, l’effetto della pandemia è stato equivalente a colpire un castello di carte traballante.
Oggi i media sono su un terreno più traballante di qualsiasi altra istituzione a causa dell’economia, della politica di parte e della ricerca di clic. L’aumento dei social media ha dirottato i ricavi pubblicitari verso nuove piattaforme, lasciando un modello di business circulation-based che impone una riduzione del cinquanta per cento o più del numero di giornalisti. Il precipitoso declino dell’advertising è accelerato dalla crescita degli spettatori in streaming su Netflix e altre piattaforme e dall’ubiquità degli ad blockers, in particolare nel molto richiesto mercato giovanile.
I problemi di fiducia per i media sono profondi; siamo in una Battaglia per la Verità. Il trenta per cento afferma che non esiste alcuna fonte di informazione affidabile e si affida invece ad amici e familiari. In America, solo il 22 per cento ritiene che i media mainstream siano il posto migliore per leggere la verità sul razzismo. La metà crede che i media stereotipino le persone di colore. In un recente studio Edelman sulla fiducia e Covid, abbiamo scoperto che un terzo dei lettori ritiene di dover vedere una storia in tre contesti diversi prima che di essere creduta.
Allo stesso tempo, molti comunicatori hanno imparato ad andare direttamente al loro utente finale attraverso i social media e altri canali. Donald Trump ha 60 milioni di follower su Twitter. Nei nostri studi di Trust, abbiamo scoperto che il 35% degli intervistati a livello globale trova la maggior parte delle informazioni sul virus sui social media. I social media sono immensamente potenti. Eppure, lo stesso sondaggio ha scoperto che i social media sono la fonte più diffidente per le informazioni sul Covid. Questo disallineamento sta portando a un’info-dememia – una pletora di informazioni, di cui poche credibili.
Per esempio, invece di comprendere che gli storici incendi boschivi negli Stati Uniti occidentali sono un’ulteriore prova del cambiamento climatico, molti abbracciano le teorie cospirative dei social media secondo cui gli incendi sarebbero stati appiccati da piromani antifa.
L’altra istituzione a cui storicamente guardiamo durante una crisi è il governo. Il settore pubblico ha avuto il suo momento al picco iniziale di Covid, quando si credeva che solo il governo fosse in grado di gestire una crisi di una portata che non si vedeva dalla Seconda Guerra Mondiale. A partire da maggio, il governo è stato l’istituzione più affidabile al mondo per la prima volta nei nostri 20 anni di studio, superando imprese e ONG. Ma ora, con i recenti inciampi nella riapertura e l’incapacità di reprimere il Covid, la fiducia nel governo è diminuita. Nel Regno Unito, ad esempio, l’apparente incoerenza dei blocchi imposti dal governo ai ristoranti del nord dell’Inghilterra, comparati ai pasti fuori sovvenzionati dal governo a Londra, crea confusione e perdita di fiducia. C’è da stupirsi se solo due terzi delle persone nel Regno Unito intendono prendere un vaccino approvato dal governo, senza costi, se fosse disponibile? Negli Stati Uniti e in Francia, questo numero è intorno al 50%, in parte a causa della scarsa fiducia nel governo.
La perdita di fiducia nei media e i fallimenti percepiti dal governo hanno lasciato le aziende a gestire le questioni da sole, come ritornare al posto di lavoro, mangiare fuori casa, il trasporto sicuro e la produzione di dispositivi di protezione. Il Covid-19, il razzismo sistemico e il populismo hanno spinto le aziende nell’insolita posizione di agire nell’interesse della società in generale. Quello che una volta era un dibattito accademico intorno al capitalismo degli stakeholder viene ora davvero praticato, perché le imprese stanno ora cercando di soddisfare/raggiungere i nuovi standard stabiliti dalla Business Roundtable della scorsa estate.
Questo è il momento cruciale in cui l’azienda deve dimostrare la sua capacità. Mentre la fiducia è diventata local grazie a My Employer, ci sono grossi divari tra le aspettative dell’azienda e le relative prestazioni. Questo è quanto mai evidente per il razzismo sistemico. Su Creating Change, c’è un divario di 27 punti tra le aspettative e le prestazioni del business. Su Educating and Influencing, c’è un divario di 25 punti. Su Getting Their Own House in Order, il divario è di 28 punti. I neri identificano gap di performance che vanno da 41 a 45 punti, i latino-americani, 27 punti, e gli asiatici americani, 30 punti. Insomma, tante chiacchiere e pochi fatti.
La ricompensa per l’azienda quando trasforma i discorsi in azione, è la fiducia. La fiducia è ora la seconda ragione per l’acquisto di un marchio dopo il prezzo. La fiducia porta a 30 punti di vantaggio in termini di lealtà, sostegno e prestazione dei dipendenti. Allo stesso modo, sappiamo dai nostri dati di Trust che le aziende che prendono posizione sul razzismo sistemico hanno quattro volte e mezzo più probabilità di guadagnare fiducia, mentre i marchi che si schierano a favore dei consumatori sui temi guadagnano più fiducia, più sostegno e maggiori intenzioni d’acquisto. Questo è particolarmente vero per i giovani (18-34 anni), per cui i dati mostrano che la maggioranza comprerà o boicotterà le marche in base alla sua posizione sul razzismo sistemico.
C’è un cambiamento molto importante nel modo in cui ci guadagniamo la fiducia. La competenza di un’azienda – che è brava in quello che fa – era il motore predominante della fiducia. Oggi, arriva solo al 25%, mentre il restante 75% dipende dallo scopo, dall’integrità e dall’affidabilità dell’azienda.
Passiamo ora all’Atto secondo: gli sviluppi che ho appena descritto erano evidenti per molti di noi cinque anni fa, compresi il feroce ridimensionamento dei media, le prestazioni inadeguate del governo e la dispersione dell’autorità a vantaggio dei dipendenti e degli influenti. All’epoca, ho suggerito di riclassificare il settore dei servizi di marketing come Communications Marketing, dove le PR sarebbero state utilizzate prima della pubblicità o del digitale per stabilire una base di fiducia. Chiesi alle aziende di PR di reclutare creativi e pianificatori in modo da avere le nostre idee, e non solo di promuovere quelle degli altri. Dovevamo costruire comunità social disposte a interagire con i nostri messaggi. Tutto questo doveva essere basato sui dati, in modo da sapere chi voleva informazioni mirate per poi misurare la nostra efficacia in base alle vendite o alla fedeltà. Questo descrive la strategia della mia azienda di muoversi oltre le relazioni pubbliche nella comunicazione, per competere con le agenzie pubblicitarie e le aziende digitali, per lavorare con CMO e CCO.
Ora voglio proporre un’ulteriore evoluzione della strategia per il nostro settore. La strada da percorrere per il settore è Action Communications. Una missione essenziale per la comunicazione è andare un passo oltre lo slogan della McCann Erickson del 1912, “Truth Well Told” – “Verità ben raccontata”. La gente si fiderà di ciò che facciamo, perché le azioni parlano più forte delle parole. Il nuovo paradigma dovrebbe essere: Fare, dire e fare advocacy.
O come dice il mio mentore Stephen Greyser, della Harvard Business School “acta non verba – fatti, non parole”. Questo è il momento in cui i leader della comunicazione devono diventare la forza che spinge un cambiamento sostanziale da parte di aziende e marchi.
Possiamo descrivere la teoria dell’Action Communications con quattro punti di vista: In primo luogo, le nostre comunicazioni devono seguire azioni significative. Ciò significa che l’immagine e la persuasione contano meno degli impegni tangibili e della responsabilità. Il risultato è che il nostro successo sarà misurato non solo in base all’impatto del business, ma anche ai miglioramenti della società.
In secondo luogo, la nostra comunicazione deve essere a tutto tondo. Ciò significa che le comunicazioni “silos”/a compartimenti per i consumatori, gli azionisti e i dipendenti sono finite. Il nuovo modo è la comunicazione multi-stakeholder e inside-out, con i dipendenti come priorità assoluta.
In terzo luogo, le nostre comunicazioni devono essere tra pari e basate sull’ascolto, non sul racconto. Ciò significa che andremo oltre le comunicazioni a scopo di vendita e a senso unico, per arrivare a relazioni che si basano sulla reciprocità e sulla fiducia. Ad esempio, controllare la narrazione è un’impresa inutile. È meglio sviluppare e convalidare la storia di un’ampia comunità.
Infine, le nostre comunicazioni devono essere condivisibili e oneste. Raccontare solo buone notizie non è sufficiente. Non è veritiero. Dobbiamo offrire un quadro completo basato sui fatti e sulla trasparenza. Effetti collaterali inclusi.
Inoltre, è nostra responsabilità aiutare a correggere il concetto di disinformazione come canale di informazioni affidabili attribuite a fonti indipendenti.
Quindi, come faremo a riconoscere l’Action Communications quando la vedremo? Ecco alcuni esempi:
Cominciando dalla parte della reputazione, Starbucks si è mossa con decisione dopo l’incidente di due anni fa, quando due afroamericani sono stati maltrattati. L’azienda ha rapidamente cambiato la sua politica sugli ospiti non paganti, accogliendo chiunque si trattenesse quanto voleva; ha anche chiuso 8.000 negozi per mezza giornata per addestrare 175.000 dipendenti su pregiudizi razziali. Dopo le sparatorie nella sua sede di El Paso, Walmart ha deciso di porre fine alle vendite di munizioni per armi da fuoco e ha chiesto ai clienti di non portare armi da fuoco nei negozi. CVS ha posto fine alla vendita di sigarette nelle sue farmacie cinque anni fa, rinunciando a 2 miliardi di dollari di vendite, diventando così un’azienda sanitaria invece che un rivenditore.
C’è un ruolo speciale per i marchi nell’affrontare le questioni giornaliere importanti, stabilendo uno standard più elevato per il comportamento della società. Nel corso della celebrazione del centenario del marchio Good Humor, Unilever ha appreso che il tintinnio di un camioncino dei gelati negli Stati Uniti aveva avuto origine negli spettacoli dei menestrelli nel 1890. Così assunsero RZA, co-fondatore del Wu Tang Clan, per scrivere un successore accattivante. Ajinomoto ha stimolato l’azione con la campagna “Take Out Hate”, che chiedeva agli americani di ordinare il take-away da ristoranti asiatici locali che stavano affrontando la discriminazione iniziale causata dalla pandemia di Covid-19 e che stavano fallendo più velocemente di altre categorie di cucina. La campagna #HearItFromMe di LinkedIn ha dato inizio a un dibattito culturale in Arabia Saudita, dando alle donne arabe una voce professionale che non era mai esistita prima. E l’anno scorso, Heineken ha progettato un programma che ha contribuito a ridurre la guida in stato di ebbrezza ridisegnando l’esperienza del bar.
Ognuno di questi esempi illustra il principio fondamentale di Arthur W. Page, leggendario PR man di AT&T: “Le pubbliche relazioni sono per il 90% fare e per il 10% parlarne”.
Quindi passiamo all’Atto III: come attuiamo il cambiamento, perché senza dubbio vi state chiedendo se e come il nostro settore può far funzionare questa cosa, e farla funzionare in scala?
In primo luogo, diversificheremo il nostro talento, in modo da essere rappresentativi della società, con locals non estranei a dirigere le operazioni e con persone diverse al comando/in carica.
In secondo luogo, evolveremo il nostro mix di personale con una percentuale più elevata di senior in grado di consigliare e assistere i clienti ai più alti livelli.
In terzo luogo, sfideremo coloro che depurano la comunicazione per ridurre al minimo le responsabilità a favore di una comunicazione empatica, trasparente e basata su valori.
Quarto, propenderemo per/sceglieremo una creatività che sia al tempo stesso emotiva e fattuale. Sarà ispirata da intuizioni basate su dati e da una migliore comprensione delle persone.
Quinto, passeremo dall’affidamento esclusivo sui media per aggiungere comunicazioni dirette agli utenti finali che si affidano alle capacità di produzione di contenuti, pronti in ore e non in giorni.
Sesto, determineremo l’azione appropriata da intraprendere ponendoci le seguenti domande: Risolve un’esigenza della società? Ha un’evidente connessione con la nostra azienda o con il nostro marchio? Soddisfa le richieste dei dipendenti? Soddisfa le aspettative degli stakeholder?
Infine, non tutti i clienti sono degni della nostra attenzione e del nostro sostegno; non siamo avvocati, siamo piuttosto sostenitori pubblici. Ricordate Bell Pottinger e la vergogna che è stata provata da tutto il nostro settore. Dobbiamo fissare uno standard più alto per il coinvolgimento; il comportamento “performativo” sarà scoperto e chiamato in causa.
Perché questo perno funzionerà? I dipendenti sono disposti a rimanere solo con le aziende che mostrano e agiscono in base ai valori, mentre i clienti vogliono stimolare il cambiamento attraverso l’acquisto di prodotti.
Theodore Roosevelt, il 26° Presidente degli Stati Uniti, ha detto: “In ogni momento della decisione, la cosa migliore che puoi fare è la cosa giusta, la cosa migliore successiva è la cosa sbagliata, e la cosa peggiore che puoi fare è non fare nulla”.
In questo contesto, considero le PR come la modalità di comunicazione per l’azione, non solo per l’immagine e la percezione. Le aziende devono appoggiarsi ai problemi, non si tratta più solo di amplificazione. È qual è il problema che deve essere risolto? Qual è la strategia? Qual è l’idea? E come amplificarla?
Muoviamoci! Grazie.
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