09 Apr La selezione di Marco Talluri per Comm To Action #8
Marco Talluri ha selezionato per Comm To Action:
I cambiamenti climatici in Italia
di Marco Talluri
La Fondazione “Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici” (CMCC) – di cui sono soci: Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Università degli Studi del Salento, Centro Italiano Ricerche Aerospaziali, Università Ca’ Foscari Venezia, Università di Sassari, Università della Tuscia, Politecnico di Milano, Resources for the Future, Università di Bologna- ha pubblicato un rapporto su ‘Analisi del rischio. I cambiamenti climatici in Italia’.
Si tratta di un documento di sintesi delle conoscenze scientifiche su impatti, rischi e interazioni dei cambiamenti climatici a livello nazionale in relazione a diversi gradi di riscaldamento e modelli di sviluppo, con un approfondimento su alcuni settori chiave del sistema economico italiano.
Nell’esposizione vengono delineate anche le principali opportunità finanziarie per ridurre la vulnerabilità territoriale e sono riportati esempi di buone pratiche attuate a diversi livelli amministrativi, nazionale, regionale e locale.
Gli scenari climatici attesi per l’Italia
Riduzione delle risorse idriche, instabilità dei suoli, incendi boschivi, consumo del suolo e desertificazione con conseguente perdita di produttività colturale ed ecosistemica: sono alcuni dei molteplici fattori di rischio che hanno interessato, negli ultimi decenni, l’intero bacino del Mediterraneo, con importanti impatti sulle attività socioeconomiche.
A questi si aggiungono le pressioni determinate dai cambiamenti climatici in atto che, nei prossimi decenni, potranno essere ulteriormente inasprite qualora non si intraprenda un modello di sviluppo più sostenibile, orientato a stabilizzare le emissioni dei gas serra e a ridurre, quindi, gli impatti dei cambiamenti climatici sul territorio.
Studi recenti indicano per l’Italia, per il periodo 2021- 2050, un incremento della temperatura fino a 2°C su scala stagionale, con aumenti più accentuati nella zona alpina e nella stagione estiva, una generalizzata diminuzione delle precipitazioni durante il periodo estivo per il Centro e Sud Italia e una tendenza all’aumento delle piogge stagionali, specie al Nord, nel periodo invernale.
Le proiezioni indicano anche un incremento in frequenza e durata di fenomeni climatici estremi – come ondate di calore, eventi di precipitazione intensa – che metteranno ulteriormente a rischio le aree urbanizzate, già fortemente vulnerabili in quanto caratterizzate dalla presenza di superfici impermeabili, ricoperte da cemento e asfalto, e da poche aree di carattere naturale (suolo e vegetazione).
Temperatura in aumento. I diversi modelli climatici sono concordi nel valutare un aumento della temperatura fino a 2°C nel periodo 2021-2050 (rispetto a 1981-2010). Variazioni maggiori in zona alpina e stagione estiva sono attese nello scenario con cambiamenti climatici più intensi, per il quale l’innalzamento della temperatura può raggiungere i 5°C a fine secolo.
Meno piogge ma più intense. Tra i principali risultati evidenziati dalle analisi degli scenari climatici vi è una diminuzione delle precipitazioni nel periodo estivo (più lieve in primavera) per il Sud e per il Centro Italia, aumentano le precipitazioni nel periodo invernale nel Nord Italia. Associato a questi segnali vi è un aumento sul territorio della massima precipitazione giornaliera per la stagione estiva ed autunnale, più marcata per lo scenario ad elevate emissioni di gas serra.
Più giorni caldi e secchi. Sia per lo scenario ad emissioni contenute che per quello ad emissioni elevate emerge un consistente aumento di giorni con temperatura minima superiore a 20°C in estate e, nella stessa stagione, un aumento della durata dei periodi senza pioggia.
Come cambia il mare. I cambiamenti climatici stanno interessando in modo crescente l’ambiente marino (costiero e mare aperto) determinando un aumento delle temperature superficiali e del livello del mare, dell’acidificazione delle acque marine e dell’erosione costiera. Tali cambiamenti necessitano di una particolare attenzione data l’importanza strategica, ambientale, economica e sociale delle nostre coste.
Un mare di beni e servizi. Le conseguenze indotte dai cambiamenti climatici po- tranno avere un impatto su “beni e servizi ecosistemici” costieri che sostengono sistemi socioeconomici attraverso la fornitura di cibo e servizi di regolazione del clima (quali assorbimento/rilascio e redistribu- zione del calore e dei gas atmosferici, sequestro e rilascio di CO2 in atmosfera).
Il valore aggiunto della ricerca avanzata. I modelli climatici ad alta risoluzione risultano particolarmente importanti per comprendere l’evoluzione attesa (in termini di variazione in frequenza ed intensità) per alcuni impatti, quali ad esempio alluvioni, frane meteo-indotte, siccità e ondate di calore, ma anche per fornire indicazioni utili a studi e pianificazione di adattamento a diverse scale, da quella nazionale a quella locale.
Gli impatti attesi
In questo contesto le fasce più fragili della popolazione (bambini, anziani, disabili) subiranno le maggiori ripercussioni: incrementi di mortalità per cardiopatie ischemiche, ictus, nefropatie e disturbi metabolici da stress termico e un incremento delle malattie respiratorie dovuto al legame tra concentrazioni di ozono e PM10 e temperatura.
Gli incrementi indotti dai cambiamenti climatici sulla frequenza e intensità di alcune tipologie di eventi atmosferici che regolano l’occorrenza dei fenomeni di dissesto, è atteso vadano ad aggravare una situazione già di per sé molto complessa, determinata dalle peculiarità del territorio italiano.
L’incremento di temperatura, influenzando lo scioglimento della neve, del ghiaccio e del permafrost, ha un ruolo importante nell’esacerbare il rischio geo-idrologico, e quindi le aree alpine ed appenniniche potrebbero essere quelle interessate dalle maggiori variazioni in magnitudo e stagionalità dai fenomeni di dissesto geo-idrologico associati alle dinamiche di fusione nivale. Inoltre l’aumento degli eventi di precipitazione intensa localizzati nello spazio rappresenta un trend che potrebbe determinare un ulteriore aumento del rischio, in particolare di quello idraulico nei bacini con estensione più modesta e di quello associato ai fenomeni franosi superficiali nelle aree con suoli con maggior permeabilità.
I cambiamenti climatici stanno interessando anche l’ambiente marino, sia costiero che di mare aperto, determinando un aumento delle temperature superficiali e del livello del mare, oltre che dell’acidificazione delle acque marine e dell’erosione costiera. Tali cambiamenti necessitano di una particolare attenzione data l’importanza strategica, ambientale, economica e sociale delle nostre coste. Le conseguenze indotte dai cambiamenti climatici potranno avere un impatto sulla fornitura dei cosiddetti “beni e servizi ecosistemici” costieri che sostengono sistemi socioeconomici attraverso la fornitura di cibo (attraverso pesca e/o acquacoltura) e servizi di regolazione del clima (es. l’assorbimento/rilascio e la redistribuzione del calore e dei gas atmosferici, sequestro e rilascio di CO2 in atmosfera).
A rischio risultano anche le produzioni agricole, già caratterizzate da una maggiore variabilità inter-annuale delle rese, anche in conseguenza di fenomeni estremi sempre più frequenti, con una tendenza alla riduzione per alcune specie coltivate e impatti negativi anche per il settore dell’allevamento. In termini generali si evidenzia una condizione di rischio più elevato per le aree del Sud Italia, con potenziale perdita di vocazionalità per produzioni attuali e maggiori costi legati alle coltivazioni irrigue, a causa di una possibile minore disponibilità idrica che aumenterà il conflitto tra diversi settori per l’utilizzo della risorsa, mettendo a rischio i processi produttivi soprattutto nelle aree a valle dei principali bacini idrici. Una riduzione della quantità, ma di conseguenza anche della qualità, delle risorse idriche rinnovabili, con rischi più evidenti nei mesi estivi e nelle zone semi-aride, richiede necessariamente una programmazione e un coordinamento tra i settori per aumentare l’efficienza dell’uso delle risorse e garantire lo sviluppo sostenibile del territorio.
Viene inoltre evidenziato l’esacerbarsi di importanti rischi per il comparto forestale italiano, quali gli incendi boschivi, che rappresentano da sempre una delle principali minacce. La maggiore incidenza di fenomeni climatici estremi, assieme a cambiamenti di uso del suolo e socioeconomici – quali l’abbandono delle aree coltivate, dei pascoli e di quelle che un tempo erano foreste gestite, il forte esodo verso le città e le aree costiere – potranno aggravare specifiche componenti del rischio di incendi, con conseguenti impatti su persone, beni ed ecosistemi esposti nelle aree più vulnerabili, incrementando anche le emissioni in atmosfera di gas a effetto serra e particolato con specifiche conseguenze sulla salute.
La maggior parte dei settori dell’economia italiana deve confrontarsi con impatti negativi dovuti ai cambiamenti climatici, tuttavia le perdite maggiori si determinano nell’agricoltura, nel settore turistico (nei segmenti sia estivo che invernale), e nelle reti e nella dotazione infrastrutturale del Paese come conseguenza dell’intensificarsi dei fenomeni di dissesto idrogeologico.
Ambiente urbano. L’ambiente urbano è caratterizzato dalla presenza di superfici imper- meabili, ricoperte da cemento e asfalto, e da poche aree di carattere naturale (suolo e vegetazione). In seguito all’incremento nelle temperature medie ed estreme, alla maggiore frequenza (e durata) delle on- date di calore e di eventi di precipitazione intensa, bambini, anziani, disabili e persone più fragili saranno coloro che subiranno maggiori ripercussioni. Sono attesi, infatti, incrementi di mortalità per cardiopatie ischemiche, ictus, nefropatie e disturbi metabolici da stress termico e un incremento delle malattie re- spiratorie dovuto al legame tra i fenomeni legati all’innalzamento delle temperature in ambiente urbano (isole di calore) e concentrazioni di ozono (O3) e polveri sottili (PM10).
Rischio geo-idrologico. Molti fattori antropici hanno contribuito negli anni in maniera determinante all’innesco o all’esacerbazione del rischio geo-idrologico in Italia. I cambiamenti climatici inducono un aumento di frequenza e intensità di alcuni eventi atmosferici che regolano l’occorrenza dei fenomeni di dissesto. Dall’analisi combinata di questi fattori e degli scenari climatici si evince che è atteso l’aggravarsi di una situazione di per sé molto complessa. L’innalzamento della temperatura e l’au- mento di fenomeni di precipitazione localizzati nello spazio hanno un ruolo importante nell’esacerbare il rischio. Nel primo caso, lo scioglimento di neve, ghiaccio e permafrost indica che le aree maggiormente interessate da variazioni in magnitudo e stagionalità dei fenomeni di dissesto sono le zone alpine e ap- penniniche. Nel secondo caso, precipitazioni intense contribuiscono a un ulteriore aumento del rischio idraulico per piccoli bacini e del rischio associato a fenomeni franosi superficiali nelle aree con suoli con maggior permeabilità.
Risorse idriche. La sicurezza idrica è un requisito fondamentale per una crescita equa e sostenibile, per la competitività delle imprese e la tutela dell’ambiente naturale. Gran parte degli impatti dei cambiamenti climatici sulle risorse idriche prospettano una riduzione della quantità della risorsa idrica rinnovabile, sia superficiale che sotterranea, in quasi tutte le zone semi-aride con conseguenti aumenti dei rischi che ne derivano per lo sviluppo sostenibile del territorio. I cambiamenti climatici attesi (pe- riodi prolungati di siccità, eventi estremi e cambiamenti nel regime delle precipitazioni, riduzione della portata degli afflussi), presentano rischi per la qualità dell’acqua e per la sua disponibilità. Nel primo caso, i rischi principali per la qualità dell’acqua riguardano fenomeni di eutrofizzazione, variazione nei contenuti di ossigeno, apporto di nutrienti e contaminanti da agricoltura e zootecnia. I rischi più rilevanti per la disponibilità idrica sono legati a elevata competizione settoriale (uso civile, agricolo, industriale, ambientale, produzione energetica) che si inasprisce nella stagione calda quando le risorse sono più scarse e la domanda aumenta (ad esempio per fabbisogno agricolo e turismo). In una simile situazione l’inadeguatezza dell’infrastruttura (perdite di acqua fino al 50%) rappresenta una evidente vulnerabilità e un fattore importante nella gestione del rischio.
Agricoltura e allevamento. I sistemi agricoli possono andare incontro ad una au- mentata variabilità delle produzioni con una tendenza alla riduzione delle rese per molte specie coltivate, accompagnata da una probabile diminuzione delle caratteristiche qualitative dei prodotti, con risposte tuttavia fortemente differenziate a seconda delle aree geografiche e delle specificità colturali. In termini generali, si può evidenziare una condizione di rischio più elevato per le aree del Sud Italia, con potenzia- le perdita di vocazionalità per la produzione di prodotti tradizionali e maggiori costi di produzione per le produzioni irrigue a causa di una possibile minore disponibilità idrica. Impatti negativi sono attesi anche per il settore dell’allevamento, con impatti sia diretti che indiretti sugli animali allevati e conseguenti ripercussioni sulla qualità e la quantità delle produzioni.
Incendi. Gli incendi boschivi rappresentano una delle principali minacce per il comparto forestale italiano. L’aumento delle temperature e la riduzione delle precipitazioni medie annue, e allo stesso tempo la maggiore frequenza di eventi meteorologici estremi quali le ondate di calore o la prolungata siccità, interagiscono con gli effetti dell’abbandono delle aree coltivate, dei pascoli e di quelle che un tempo erano foreste gestite, del forte esodo verso le città e le aree costiere, e delle attività di monitoraggio, prevenzione e lotta attiva sempre più efficienti. Si prevede che i cambiamenti climatici esacerberanno ulteriormente specifiche componenti del rischio di incendi, con conseguenti impatti su persone, beni ed ecosistemi esposti nelle aree più vulnerabili. Sono attesi incrementi della pericolosità di incendio, spo- stamento altitudinale delle zone vulnerabili, allungamento della stagione degli incendi e aumento delle giornate con pericolosità estrema che, a loro volta, si potranno tradurre in un aumento delle superfici percorse con conseguente incremento nelle emissioni di gas a effetto serra e particolato, con impatti quindi sulla salute umana e sul ciclo del carbonio.
Iniziative di adattamento
Di fronte a questi scenari, è assolutamente essenziale disporre di strumenti in grado di analizzare i rischi attesi in un determinato territorio e identificare le opportune misure di resilienza da promuovere e applicare. L’individuazione di efficaci soluzioni di adattamento, che consentano di ridurre la vulnerabilità territoriale e trasformare i rischi in nuove opportunità di sviluppo, deve necessariamente essere affrontata a livello locale poiché gli impatti dei cambiamenti climatici sono fortemente differenziati all’interno del territorio nazionale e le soluzioni devono essere adeguate ai differenti beni esposti e alle differenti traiettorie di sviluppo locale.
Molte azioni efficaci sono fattibili e opportune anche nell’immediato e con costi nulli, o comunque molto limitati. Un esempio è dato, in ambiente urbano, dall’applicazione estesa del principio di precauzione, evitando di urbanizzare aree potenzialmente a rischio di dissesto e tutelando gli spazi liberi e le aree verdi (parchi, giardini, aree naturali protette ecc.), soprattutto se ubicati in aree vulnerabili (fiumi, coste, ecc.). Investire risorse nell’adattamento climatico non è “solo azione ambientale”, ma coincide con il promuovere la qualità di vita dei cittadini e la sostenibilità dello sviluppo.
La vera sfida per il futuro è integrare l’adattamento a diversi livelli nelle politiche pubbliche nelle fasi in cui si decidono gli indirizzi di pianificazione, si elaborano programmi di spesa o si sviluppano progetti di investimento, al fine di integrare l’adattamento con lo sviluppo sostenibile del territorio. Questo processo deve essere supportato da adeguati strumenti conoscitivi, che la comunità scientifica sta mettendo a disposizione e sta adeguando in termini di maggiore accessibilità e comunicazione.
D’altra parte è necessario investire risorse adeguate per costruire le premesse scientifiche, amministrative, sociali, ed economiche necessarie al cambiamento verso una comunità consapevole. Tali obiettivi possono essere raggiunti esclusivamente con la costruzione di una governance strutturata che coinvolga tutti i livelli di governo (nazionale, regionale e locale) e tutti i portatori d’interesse pubblici e privati, fino ai cittadini, al fine di intraprendere azioni coordinate e condivise con il territorio.
Investire in uno sviluppo sostenibile, che il Green Deal europeo riconosce come unico modello di sviluppo per il futuro, è un’opportunità che l’Italia non può perdere e neppure rimandare. La sfida è quella di sfruttare le risorse economiche disponibili con competenza e innovazione, attraverso nuovi modelli di produzione e di impresa e nuove modalità orientate ad una gestione sostenibile del territorio che devono necessariamente entrare a far parte del bagaglio di imprese ed enti pubblici, locali e nazionali.