Lacrime Alla COP26

Il Presidente Alok Sharma si commuove alla chiusura della COP26 scusandosi sui risultati raggiunti ai negoziati dopo la richiesta di India e Cina a misure più morbide di riduzione del carbone.

di Asia Guerreschi

Alok Sharma (al centro) alla plenaria di chiusura COP2. Foto di Tim Hammond / No10 Downing Street condiviso CC BY-NC-ND 2.0.

La settimana scorsa si è conclusa La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP26). Ne avevamo già parlato su CommToAction raccontando che già dai primi giorni della conferenza si era sollevata tensione e delusione da parte dei pubblici, soprattutto quelli più giovani, presenti a Glasgow, sulla mancanza di incisività delle proposte.

La COP26 si è protratta di 24 ore oltre il tempo concordato anche per un ultimo cambiamento richiesto dall’India e sostenuto dalla Cina riguardo l’eliminazione di utilizzo del carbone. Il termine previsto in prima battuta era, infatti, “phase-out” con cui si intende un’eliminazione graduale modificato in “phase-down”  che significa riduzione graduale. Una decisione che ha portato il Presidente Alok Sharma a commuoversi durante la plenaria di chiusura mentre esprimeva il suo dispiacere per i risultati parziali raggiunti.

L’inviato per il Clima American John Kerry ha espresso il parere che il negoziato ha portato dei buoni risultati e che in un processo negoziale non si può accontentare tutti. Un commento che dimostra grande positività anche se è necessario sottolineare che l’America è al secondo posto dopo la Cina nella lista dei paesi che inquinano di più al mondo. Ci potrebbero essere varie questioni geopolitiche, ed economiche, che possono portare una nazione a considerare i propri interessi e quindi a ritenere un accordo “buono”. Proprio a riguardo Sharma, durante la plenaria di apertura, ha esplicitamente dichiarato la richiesta di considerare non considerare i propri interessi ma quelli del pianeta.

In merito all’Articolo 6 dell’accordo di Parigi si è arrivato ad una conclusione debole. L’articolo in questione determina il mercato dei crediti per cercare di ridurre ed eliminare o eventualmente compensare per le emissioni di anidride carbonica (CO2). È positivo che i paesi firmatari dell’accordo dovranno riunirsi per rivedere gli obiettivi raggiunti, ogni anno, invece che ogni cinque come previsto inizialmente. Il motivo per cui l’accordo riguardo questo articolo è stato considerato debole interessa la possibilità di compensazione, termine con il quale si intende la continuazione dell’ emissione compensando con progetti come il classico piantare alberi che possano ridurre CO2.

Un esempio, in tal senso, è l’Amazzonia definita non casualmente il polmone del pianeta, che sopravvive anche con i fondi tedeschi e norvegesi, recentemente sospesi dopo che si è scoperto che il Presidente brasiliano Jair Bolsonaro fosse supportato dalla lobby dell’agro-business. Una recente ricerca dimostra che arrivati al 25% saremo di fronte ad un punto di non ritorno con un’emissione di CO2 superiore rispetto a quanto potenzialmente assorbibile. Bolsonaro non ha partecipato alla COP26 inviando invece il suo Ministro degli Esteri che ha firmato l’accordo per non distruggere la foresta in cambio di un miliardo di dollari l’anno per bloccare la deforestazione illegale al 40%.

Tante, dunque, le sfide e tante le criticità che rallentano possibili soluzioni per risolvere gli effetti del cambiamento climatico. Come hanno dimostrato i giovani alla COP26, tuttavia, possiamo farci sentire, condividere le sfide con altri interlocutori attivi verso l’azione climatica mettendoci in moto nella cornice di un’azione sempre più civile.