Comunicazione responsabile: dal pensiero all’azione.

di Stefano Ricci

Come comunicatori lamentiamo, spesso, la mancata riconoscibilità del nostro operato. E la poca fiducia nel nostro lavoro ce l’ha confermata la ricerca Trust in Communicators (dicembre 2019), evidenziando come questo sentiment di sfiducia sia condiviso da un’ampia fetta di pubblico. Ma cosa stiamo facendo e cosa possiamo fare per migliorare questa condizione diffusa?

Global Alliance, schierandosi in maniera netta in tal senso, ha designato febbraio come il Mese dell’Etica; concetto che, di fatto, è ricollegabile a quello di responsabilità, come intuito dal Consigliere nazionale di Ferpi, Biagio Oppi. Infatti, l’idea di fondo da cui parte l’iniziativa è che a causa della mancanza di etica ed assunzione di responsabilità da parte di (troppi) comunicatori in tutto il mondo, i pubblici non riescano più a fidarsi della categoria. E proprio in queste ultime settimane un’ulteriore conferma viene dalla gestione delle comunicazioni relative al Corona Virus. Esempio lampante di come non sia sufficiente evidenziare un problema o semplicemente parlarne. Quello che troppo spesso manca nel nostro settore, infatti, è far seguire ad un pensiero un’azione coerente. Il rischio sempre presente è quello di imbattersi in processi comunicativi che promuovono o appoggiano un cambiamento solo a livello formale. Belle parole che restano tali senza mai concretizzarsi. Insomma, per essere veramente responsabili dobbiamo essere innanzitutto etici ma, nel contempo, trasformare ogni pensiero (rilevante) in un’azione concreta.

Ora però, per non cadere noi stessi, in qualità di giovani comunicatori, in questo tranello limitandoci a scrivere di quanto sia virtuoso essere responsabili, abbiamo bisogno di chi opera in questo settore da più tempo di noi. Quali sono le azioni concrete che possiamo intraprendere per migliorare lo stato generale della comunicazione? Cosa è utile studiare ed imparare per rendere più efficiente il nostro operato? A quali insidie fare attenzione per essere sempre più responsabili? Potrebbe sembrare, questo, un paradosso semantico: chiedere aiuto a chi, in qualche modo, ha vissuto in quell’ambiente oggi deteriorato. Non è così. L’evidenza cristallina della situazione, ancor di più evidenziata dalla crudezza del dato, rende necessario un patto generazionale in cui l’esperienza e la fame riescano ad incontrarsi per creare una nuova e prossima generazione di relatori pubblici. Aiutandosi reciprocamente nell’esaltazione delle potenzialità e nella mitigazione delle criticità.