Il ruolo dei dati nella cornice di una comunicazione sociale empatica. Tra data humanization e data activism

A cura di Elena Urbinati

Un problema di numeri

Leggendo un quotidiano o scrollando il feed di Instagram, può capitare di imbattersi in contenuti di questo tipo:

Un bambino africano accarezza un vitello denutrito

Fonte: Coopi.org

Una bambina triste guarda il ricevente

Fonte: Onlus Albero della Vita

A prima vista questi messaggi sembrano efficaci, perché permettono di inquadrare un problema sociale all’interno di una cornice di dati precisi e puntuali. Benché la comunicazione sociale faccia un grande uso di dati e statistiche per trasmettere la gravità di un problema così che venga attenzionato, allo stesso tempo appiattisce la complessità delle esperienze individuali. In questo modo, i numeri si sostituiscono all’identità del soggetto sofferente, al punto che non ha importanza sapere chi abbiamo aiutato con il nostro contributo (Chouliaraki, 2008).

Di conseguenza, sorgono spontanee due domande:

  • Esistono modi di fare comunicazione sociale servendosi dei dati che possano rendere e trasmettere il vissuto delle persone in una situazione di vulnerabilità, senza disumanizzarle e trasformarle in rappresentazioni statiche e lontane da noi?
  • In che modo le persone vittime di soprusi possono riappropriarsi della propria narrazione e volgerla in modo positivo, così che possa guidare l’azione politico-istituzionale?

.

Alcuni strumenti per un cambio di paradigma

Un metodo promettente è rappresentato dalla data humanization, un approccio alla visualizzazione dei dati che riconosce l’importanza di includere ciò che nella statistica tradizionale viene spesso considerato inutile, inopportuno o addirittura deleterio, come “le emozioni, la possibilità di identificarsi e la dimensione estetica” (D’Ignazio e Klein, 2020). Per esempio, il grafico di Periscopic sulle morti per arma da fuoco negli USA mostra il numero di persone uccise non solo in termini quantitativi, ma anche in termini di anni di vita ‘rubati’ che queste persone avrebbero potuto vivere.

Grafico interattivo delle morti per arma da fuoco negli USA

Fonte: Periscopic

Tuttavia, spesso accade che i dati su un determinato fenomeno non siano disponibili perché non sono mai stati raccolti. Da questa mancanza nascono le iniziative di data activism, ossia raccolte dati dal basso che traggono la propria forza dalla prossimità esistente tra le comunità oggetto di rilevazione e la raccolta stessa. È questo il caso del progetto Uma por Uma, il cui contributo ha saputo restituire dignità alle vittime della violenza di genere in Brasile grazie ad un abile uso dello storytelling come strumento di liberazione dallo stigma (D’Ignazio et al., 2022).

Campagna di data activism Uma por Uma

Fonte: Newsletter Ti spiego il dato

D’altra parte, non tutti gli esperti sono concordi nell’affermare che una visualizzazione empatica dei dati sia la soluzione migliore per rappresentare la complessità di un fenomeno. Sociologi come Amare e Manning (A Unified Theory of Information Design. Visuals, Text and Ethics, 2013) sostengono che ad una maggiore semplicità corrisponda una maggiore autonomia interpretativa, che libera il lettore dalle maglie della persuasione e permette di considerare ciascun problema da una distanza opportuna. Ma stimolare un atteggiamento distaccato è veramente utile alla comunicazione sociale?

Ad ogni modo, è necessario riflettere caso per caso sulle modalità migliori per comunicare i problemi sociali, in modo da non alimentare una narrazione parziale ma al contrario costruire un approccio basato sull’empatia e sulla centralità del vissuto delle persone coinvolte.

.

Fonti bibliografiche e sitografiche:

  • Amare, N. e Manning, A. (2013). A Unified Theory of Information Design. Visuals, Text and Ethics. New York: Routledge.
  • Chouliaraki, L. (2008). “The Mediation of Suffering and the Vision of a Cosmopolitan Public” in Television and New Media, 9(5) pp. 371-391. DOI: 10.1177/1527476408315496.
  • D’Ignazio, C. e Klein, L. F. (2020). Data feminism. The MIT Press.
  • D’Ignazio et al. (2022). “Feminicide and counterdata production: Activist efforts to monitor and challenge gender-related violence” in Patterns, 3(7). DOI: https://doi.org/10.1016/j.patter.2022.100530.
  • Semerari, A. (2000). Voce in “Universo e Corpo”, volume 10. Roma: Istituto dell’Enciclopedia Italiana.