Le diverse declinazioni dell’attivismo

di Lorena Gridelli

Essere un attivista non vuol dire necessariamente scendere nelle piazze per protestare, vi sono vari modi per esserlo, spesso inconsapevoli.

Nell’immaginario collettivo un attivista è colui che si batte per difendere diritti civili e principi di libertà individuale scendendo nelle piazze e facendo sentire la propria voce. Personaggi del calibro di Martin Luther King, Mahatma Ghandi e Nelson Mandela sono giustamente considerati attivisti, individui che hanno dedicato la propria vita ad una causa col fine di produrre un cambiamento sociale o politico.

Eppure, l’attivismo è un concetto molto più ampio che abbraccia una moltitudine di ruoli che differiscono  dal guidare o partecipare a proteste. Esistono infatti vari modi per “attivarsi”, spesso anche inconsapevoli.

Al fine di far emergere tale pluralità ed orientare coloro che desiderano intraprendere un percorso di attivismo, il giornalista Bill Moyer ha identificato quattro ruoli fondamentali per l’attivismo: il cittadino, il riformista, il ribelle e il change agent (agente del cambiamento).

Il ruolo più diffuso è senza ombra di dubbio quello del cittadino, ovvero colui che traduce il proprio impegno attivista in gesti quotidiani, come evitare lo spreco d’acqua ed elettricità, partecipare alla difesa di vittime di episodi di discriminazione e compiere qualsiasi azione nel rispetto del principio o della causa in cui crede. Il riformista invece si dedica al dialogo con le istituzioni e con coloro che detengono il potere in una determinata situazione, ad esempio un avvocato che si batte per i diritti civili e la libertà individuale. Ogni movimento attivista necessita di un’organizzazione alla base; tale compito spetta al change agent, individuo con grandi capacità organizzative che si impegna nel radunare persone che condividono gli stessi valori per costruire un movimento collettivo che possa fare la differenza. Ed infine vi è la figura a cui più comunemente viene associata l’immagine dell’attivista: il ribelle che traduce il proprio impegno nella partecipazione a proteste e manifestazioni, scegliendo la strada più rumorosa per lottare per ciò in cui crede.

È importante chiarire che tutti i ruoli elencati sono fondamentali per un attivismo efficace e collettivo, dove ogni individuo assume una determinata funzione in base alle proprie esperienze e competenze.

La declinazione di Moyer aiuta ad abbattere il pregiudizio per cui un attivista è una figura utopica ed irraggiungibile per molti. Al fine di comprendere quale ruolo si voglia ricoprire all’interno di una società bisogna semplicemente chiedersi per cosa si è disposti a lottare e a mettere tutto il proprio impegno. Tale domanda spesso non è neanche necessaria, vista la mobilitazione e l’impegno politico e sociale delle nuove generazioni, per cui l’unico interrogativo rimane quello di stabilire in che modo questo impegno voglia tradursi in azione. Per trovare una risposta, non bisogna fare altro che riflettere sulle proprie capacità e la propria indole.