Intervista a Elena Zanella

A cura di Giulia Armuzzi

Alla luce della nuova stagione formativa sul Fundraising, Comm to Action ha realizzato un’indagine interna per raccogliere e aggregare le FAQ più gettonate sul tema fundraising. Le stesse sono state poi rivolte alla fundraiser Elena Zanella, che forte di un’esperienza ultraventennale ci ha offerto molti spunti su cui riflettere.

1. Chi è oggi il fundraiser e quanto tale profilo appare importante in un’organizzazione di terzo settore?

Il fundraiser è la persona che deve accompagnare un’organizzazione nei propri processi di sostenibilità. Dunque, è un tecnico, perché deve conoscere le dinamiche e le modalità per poter sollecitare il dono, che può essere di diversa natura e non deve essere per forza di tipo economico ma può rappresentarsi anche come un dono di tempo verso i diversi stakeholders e i diversi pubblici. Deve quindi conoscere le tecniche per poter raggiungere questi pubblici e sollecitare l’interesse per aderire ad una causa. Ma deve, a mio modo di vedere, essere anche un costruttore di opportunità, interne ed esterne; deve conoscere le dinamiche comportamentali anche del proprio gruppo di lavoro non limitandosi alla sollecitazione al dono all’esterno ma affiancando l’organizzazione nei propri percorsi di crescita anche rispetto alla consapevolezza del proprio ruolo organizzativo nei confronti della buona causa e, nel contempo, nei confronti di un processo di cambiamento che l’organizzazione può portare nei propri contesti di riferimento. Questo cambiamento, naturalmente, va anche nella direzione di una consapevolezza rispetto al ruolo che le risorse economiche o il ruolo del denaro hanno nell’economia di un percorso sostenibile, nella certezza che senza sostenibilità tante cose, semplicemente, non si possono fare. Alcune ovviamente sì ma fino ad un certo punto.

 

2. Come si diventa fundraiser e quali sono le competenze tecniche e personali che un professionista deve possedere?

Si diventa fundraiser ovviamente con l’esperienza; è necessaria un’inclinazione personale e un certo tipo di interesse. Personalmente ho sempre lavorato nella comunicazione e quindi ho una forte formazione in quest’ambito, arricchita da una formazione nel marketing necessaria per conoscere quelle dinamiche relative all’incrocio della domanda e dell’offerta, al modo in cui sollecitarla e alle modalità in cui far crescere interesse intorno a quest’ultima. Poi è sicuramente necessario fare gavetta all’interno delle organizzazioni affiancando questo percorso esperienziale con l’irrobustimento di competenze tecniche, ottenibili attraverso la formazione personale, la lettura, i corsi nelle scuole di formazione o attraverso la formazione di tipo accademico.
Insomma, non esiste una formazione codificata a 360°; il fundraiser non si forma solo nelle aule accademiche. Sicuramente non deve mancare una propensione al tema del sociale perché senza questa non si va molto lontano.

 

3. Come potrebbe evolvere questo ruolo alla luce del sempre più crescente peso delle iniziative di fundraising?

Il ruolo è assolutamente importante perché ormai il fundraising non può più essere improvvisato. Occorre che le figure professionali siano sempre più competenti perché la cultura del donatore cresce, e crescendo, c’è la necessità di costruire delle partnership e delle simbiosi che si basino non solo su il “Va bene vediamo che cosa possiamo fare adesso” ma su “Va bene, vediamo come poter organizzare le attività in modo tale che queste iniziative possano proseguire anche nel futuro”. Per fare questo- nei confronti di un donatore sempre più sensibile, più competente e più capace- occorre un interlocutore che conosca bene il proprio mestiere e che, quindi, sia in grado di mettere in campo le dinamiche per far crescere queste partnership e farle diventare sempre più virtuose. In quest’ottica, anche la riforma del terzo settore che richiede alle organizzazioni di essere sempre più competenti. Insomma, non si può più prescindere in assoluto da un terzo settore sempre più professionalizzato e da un fundraiser sempre più preparato di fronte a queste nuove sfide.

 

4. Il consiglio di lettura di Elena Zanella per avvicinarci al tema

Innanzitutto, un consiglio di metodo è importante per conoscere sempre meglio il nostro contesto nazionale approfondire libri ed autori italiani, che non sono tantissimi ma ci sono. Oltre a questo, è fondamentale anche conoscere i trend oltreoceano dove certi temi per noi nuovi sono consolidati. Rispetto al panorama italiano segnalo il mio terzo libro “Raccolta fondi”, primo edito dalla mia casa editrice, perché, a mio modo di vedere, è un libro che introduce al fundraiser evidenziando il punto di partenza, il chi siamo, il contesto di riferimento, i numeri e i diversi ruoli da ricoprire all’interno delle organizzazioni, il rapporto con la buona causa, il rapporto con i sostenitori, per capire esattamente a chi ci rivolgiamo, perfezionando la seconda parte del testo dove si parla di vere e proprie tecniche. C’è un aspetto che mi piace sottolineare che è quello della narrazione; il libro non è suddiviso in capitoli ma esprime una narrazione unica. Ho cercato di evidenziare l’idea che il fundraising non sia solo una mera raccolta fondi ma qualcosa di più: il fundraising è un approccio culturale al dono; la raccolta fondi invece è una vera e propria conseguenza delle mie azioni e del modo in cui lo metto in atto. Il fundraising è ex ante mentre la raccolta fondi è ex post. Nel libro narro questa evoluzione e porto il lettore all’interno di questo contesto, cercando di creare quella consapevolezza di base che ci deve essere per realizzare una buona raccolta fondi. Dopodiché ci sono tanti libri di tecniche, anche miei, come ad esempio “Professione fundraiser” e “Digital fundraiser” ma ce ne sono anche altri dei miei colleghi che hanno pubblicato con Editrice Philanthropy o con Editrice Bibliografica. Per dire due autori tra tutti, i più noti, sono Valerio Melandri e Massimo Coen Cagli. Il mio consiglio, in ultima analisi, è quello di essere curiosi e curiose: non limitatevi solo a un autore ma cercate di spaziare tra autori e metodologie italiane ed estere perché il vostro compito ora è quello di ampliare il vostro punto di vista sulla materia in modo tale da crearvi il vostro.

 

Elena Zanella comincia il proprio percorso professionale in editoria nei primi anni ‘90. La passione per la comunicazione sociale diventa centrale dal 2003, divenendo prima consulente e poi dirigente in ambito nonprofit. È ora amministratore unico dell’omonima Srl, società specializzata nella formazione e affiancamento ai processi di fundraising, comunicazione e marketing di enti nonprofit e pubblici. Ha scritto Professione Fundraiser (2015) e Digital Fundraiser (2017) editi da FrancoAngeli. Blogger dal 2010 sul suo Nonprofit Blog, è La Zanzarella su Vita.it. Nel 2013 vince l’Italian Fundraising Award. Nel 2016 promuove il corso intensivo Startup Fundraising che nel 2019 si aggiudica il premio Adriano Olivetti “Eccellenza nella Formazione” istituito da AIF di cui è formatore professionista. Nel 2018 fonda la Fundraising Academy per l’alta formazione nella raccolta fondi. Collabora con scuole e università. A settembre 2020 lancia il marchio editoriale. Raccolta Fondi è il suo terzo libro.