La comunicazione ambientale: la cassetta degli attrezzi in tempo di pace e in tempo di crisi

A cura di Rita Cristofano

Lo scorso 19 maggio si è tenuto il primo dei sei incontri organizzati da Fòrema, ICDlab e ASSINDUSTRIA VENETOCENTRO con il proposito di far conoscere metodologie e strumenti per la comunicazione ambientale.

I sentieri di escursionismo ambientale ideati da Stefano Martello e Gloria Milan nascono dalla pubblicazione del “Libro bianco sulla comunicazione ambientale” (Pacini Editore, Collana New Fabric, 2020) e si propongono di offrire ad una platea sempre più ampia spunti e connessioni su di un tema, quello ambientale, complesso e sfaccettato.

Gli ospiti di questo primo webinar sono stati Michele Checchin, Emilio Conti, Riccardo Parigi e Sergio Vazzoler, professionisti che si sono confrontati sui temi delle nuove sfide della comunicazione ambientale.

A fare gli onori di casa è stato Michele Checchin, che da più di 20 anni lavora tra Fòrema e Confindustria.

“Siamo molto contenti di poter ospitare questa iniziativa” ha esordito, ponendo l’accento su due principali driver. Da una parte la decodifica di un pubblico sempre più vasto, dalla cui conoscenza dipende la scelta delle dotazioni strumentali e il timbro della comunicazione. Dall’altra il tema della fatica (intellettuale, progettuale, attuativa) di cui il tema, per le sue naturali interconnessioni è portatore.

Entrando più nello specifico- sotto la moderazione della co-autrice del libro Bianco Gloria Milan-  è stato Emilio Conti- coautore del libro bianco-  a definire la figura del comunicatore ambientale come quel professionista che, oltre ad avere buone basi comunicative, deve avere conoscenze nel settore in cui si trova ad operare, maturando competenze sempre più trasversali. Che dovrà essere in grado di tradurre per i diversi pubblici di riferimento.

Ultimamente, come ha fatto notare Conti, si sono create percezioni distorte sul tema della sostenibilità e dell’ambiente, per cui la difficoltà del comunicatore ambientale sta proprio nello spiegare questi contenuti spesso difficili a soggetti che hanno una percezione diversa.

“Bisogna cambiare questa percezione negativa di un pubblico a volte troppo prevenuto” ha spiegato il professionista.

“L’aspetto positivo c’è ed è il cambiamento del mondo delle imprese. Ho visto un’evoluzione importante e oggi in molte realtà la comunicazione ambientale è diventato un elemento di vantaggio evolutivo”.

La comunicazione ambientale, che è una comunicazione trasversale alle varie tipologie di comunicazione, si pone principalmente tre obiettivi secondo Conti.

“Il primo è informare e aggiornare i pubblici di riferimento su quello che viene fatto dall’azienda o organizzazione, poi deve coinvolgere e motivare i portatori di interesse a adottare determinati comportamenti sostenibili e attenti all’ambiente e infine la comunicazione ambientale cerca di sviluppare una nuova cultura ambientale e contribuisce a far crescere la cultura ambientale di questo Paese” ha concluso l’esperto.

Tra gli aspetti complessi di questo argomento, emergono i rischi principali: da una parte la  tentazione di banalizzare; dall’altra la possibilità di rilasciare informazioni non veritiere. Dunque, la difficoltà del professionista sta nel far capire che quello che comunica è qualcosa di concreto e reale.  Questo è un aspetto che è peggiorato moltissimo negli ultimi anni, grazie anche al contributo dei social che hanno avuto un ruolo fondamentale in questo.

La parola è passata poi al terzo ospite dell’evento, Riccardo Parigi autore di un capitolo molto interessante del “Libro bianco sulla comunicazione ambientale” sul percorso formativo che il comunicatore ambientale deve fare per stare al passo con i tempi e con i cambiamenti.

“Una delle caratteristiche richieste per fare questo tipo di mestiere è l’ingenuità del bambino” ha esordito provocatoriamente Parigi.  “Le altre doti necessarie rimangono la curiosità, l’autoironia e l’ateismo, ovvero la capacità di essere distaccato dai pregiudizi”.

Il comunicatore ambientale, come ha raccontato il professionista, esce la mattina con lo zaino vuoto, per far sì che riesca a riempirlo di cose sempre nuove.

“Il mio slogan è diventato: abbatto muri, costruisco ponti. Credo che il comunicatore ambientale sia chiamato proprio a questo” ha concluso Parigi.

Dunque, come ha spiegato Stefano Martello- co-curatore del volume-  il comunicatore ambientale diventa una sorta di filtro che raccoglie le istanze dai pubblici e gestisce il flusso di informazioni dall’interno all’esterno scegliendo di volta in volta il canale più giusto e il linguaggio più adeguato.

Una delle principali difficoltà riscontrate da questo tipo di professionista nasce dall’occuparsi di un tema che negli ultimi anni è sempre passato in secondo piano.

Questa fatica è stata ben sintetizzata in “3 c” dal co-curatore Sergio Vazzoler: complessità, conflitti e contraddizione.

Per complessità, l’esperto intende il coraggio di trattare il tema nelle sue tante sfaccettature che originano, a loro volta, interessi spesso contrastanti tra loro che obbligano il professionista ad un lavoro comunicativo defatigante. Eppure, necessario e salvifico per non cadere nella trappola della scorciatoia banale e insipida. Con l’ultima c, contraddizione, Vazzoler si riferisce anche alla contraddittorietà degli esseri umani e al fatto di tenere necessariamente insieme il comportamento individuale e quello collettivo. Questa, per Vazzoler, la sfida più onerosa dei prossimi anni.

“La comunicazione ha un compito importante: portare il singolo individuo a responsabilizzarsi” ha concluso il comunicatore ambientale.

L’ultimo intervento è stato quello di Stefano Martello, con il quale si è parlato di cosa accade quando si presenta una crisi ambientale.

“Nel momento in cui appare il problema, questo va discusso, vissuto e in qualche modo anticipato” ha esordito Martello, sottolineando che, spesso, ciò che innesca uno stato di comunicazione di crisi o emergenza non è legato tanto all’evento in sé quanto al livello di preparazione dell’organizzazione.

La “formula magica”, come è stata definita dal professionista, consiste proprio nell’anticipare il problema, affinché si possa arrivare con un grado di preparazione consapevole davanti alla difficoltà.

“Le crisi sono dietro l’angolo, e non necessariamente sono crisi gravi, ma se non abbiamo una sorta di pessimismo cosmico, anche una piccola crisi può trasformarsi, nel tempo, in una crisi di sistema” ha insistito Stefano Martello concludendo con una nota sul ruolo del comunicatore che ha il dovere di  “segnalare con la dovuta incisività, ciò che va bene, che deve essere raccontato, ma anche ciò che va male e che deve essere migliorato e implementato, perché anche quello, se non risolto, entrerà nel patrimonio dell’organizzazione”.

Il primo appuntamento della rassegna ha fornito la cassetta degli attrezzi in tempo di pace e in tempo di crisi;  il prossimo appuntamento, il 9 giugno, ci porterà sul sentiero della comunicazione ambientale nelle PMI.