18 Nov Micromobilità: vantaggi e pericoli della nuova tendenza
a cura di Michelle Guzzo
Monopattini elettrici, hoverboard, segway e monowheel. Simboli di un nuovo trend che sta modificando radicalmente la mobilità urbana, dando vita al fenomeno della micromobilità. Se prima gli spostamenti avvenivano principalmente tramite automobili o mezzi di trasporto pubblici come bus, tram e metro, oggi si assiste a un progressivo scenario caratterizzato dall’uso di mezzi individuali ed elettrici.
L’entusiasmo nei confronti di questo nuovo modo di vivere la città, non deriva solamente dalla libertà di movimento concessa e dalla comodità d’uso, ma anche dal forte riguardo nei confronti delle questioni ambientali.
Tali veicoli infatti, sfruttano l’energia elettrica evitando l’emissione di anidride carbonica nell’atmosfera, e sono pertanto ottimi mezzi per spostarsi senza inquinare. Nonostante ciò, l’orientamento verso una circolazione individuale e sostenibile solleva questioni e interrogativi dettati soprattutto dalla mancanza di una chiara regolamentazione nazionale.
La libera circolazione di questi mezzi, infatti, è stata concessa solo dopo una fase sperimentale che ne consentiva l’uso unicamente nei comuni aderenti alla sperimentazione. Di conseguenza, tutti coloro che usavano i dispositivi in città che non rientravano in tali progetti, erano considerati fuorilegge. La minaccia di multe salate non è però bastata a convincere molti cittadini a rinunciare alla comodità di tali mezzi.
A Marzo 2020, terminato il periodo di prova, è stata istituita la legge nazionale che ammette l’uso di dispositivi per la micromobilità nel rispetto dei limiti di velocità e delle nuove regolamentazioni, ancora troppo blande in materia di sicurezza.
A preoccupare è soprattutto il numero di incidenti che avvengono sempre più frequentemente con questi dispositivi, e si teme per l’incolumità dei pedoni che ora devono fare i conti con nuovi elementi di pericolo.
Inoltre, le strade dissestate, la pavimentazione irregolare e le buche stradali, aumentano il rischio di incorrere in gravi incidenti. La questione però, ha radici più profonde: le città italiane non hanno ancora la struttura urbanistica adeguata e la giusta organizzazione per permettere una corretta e sicura micromobilità. È quindi necessario ripensare al tessuto infrastrutturale e ad una riconfigurazione urbanistica che possa dare a ciascun veicolo i propri spazi, rispettando la presenza dei pedoni, al fine di garantire la giusta “convivenza” tra persone e mezzi.
Il tema diventa, così, l’esempio lampante di un approccio metodologico che si occupa esclusivamente di colmare il vuoto senza, tuttavia, interrogarsi su tutte quelle questioni apparentemente di contorno che ne caratterizzano una risoluzione complessa e strutturata. E non, come accade oggi, di mero tamponamento.
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