La parola della settimana: responsabilità

di Anna Luna Di Marzo

Responsabilità: l’essere responsabile; consapevolezza di dover rispondere degli effetti di azioni proprie o altrui (Garzanti, dizionario enciclopedico). 

Responsabilità. Una parola imponente a prescindere da chi la pronuncia. E per certi versi una parola che incute timore e soggezione. In che modo possiamo trasformare un principio così alto in comportamenti e azioni misurabili?

Il team di Commtoaction lavora da tempo sul significante della responsabilità nei processi comunicativi, analizzando le varie sfaccettature che la parola assume nell’economia di differenti ambiti, mettendo in atto una campagna che, non casualmente, prende il nome di #responsabilitàvirale. 

Ma cosa significa comunicare responsabilmente? Nonostante il tema della responsabilità sia stato più volte ribadito, è fondamentale, oggi più che mai, confermarlo nell’economia di un processo comunicativo in emergenza, come quello permanentemente in atto da un mese a questa parte. 

Durante una situazione di crisi ed emergenza, i comunicatori sono chiamati a diffondere notizie gestendo la crisi stessa. Tra i numerosi strumenti a disposizione, la Carta di Rieti che permette di mettere in atto una strategia di contrasto prima e di rilancio poi, in grado di gestire pienamente la complessità che ogni crisi sottende.

Comunicare responsabilmente, infatti, significa innanzitutto svolgere un lavoro di preparazione fondato sull’analisi delle aree vulnerabili con la contestuale scelta di strumenti comunicativi e il responsabile accoglimento di tutti i temi che la crisi stessa ha innescato. E’ fondamentale, successivamente, scegliere con estrema attenzione e cautela il timbro comunicativo con il quale si decide di veicolare le informazioni. Se per esempio, il timbro narrativo prescelto è impostato in modo tale da diffondere panico, lo stesso risulterà inefficace, e di conseguenza, il risvolto sarà sicuramente irresponsabile. E’ poi di fondamentale importanza scegliere i canali attraverso cui diffondere le notizie secondo la tipologia di pubblico a cui ci dobbiamo rivolgere. Attraverso queste strategie, un comunicatore agisce e comunica in maniera consapevole e responsabile, condividendo valori, strategie, scelte, risultati. E, nel contempo, bypassando il pericolo dato dal sovraccarico di notizie, molto spesso fuorvianti, in grado di scatenare panico e angoscia. Come ricordano i Consiglieri Nazionali Ferpi Biagio Oppi e Sergio Vazzoler in “La responsabilità dei comunicatori e dei relatori pubblici ai tempi dell’Infodemia”, non esiste un’unica risposta, ma sicuramente tante diverse soluzioni calibrate sulla contingenza del momento, secondo quanto ricorda il Melbourne Mandate, che al punto 3 identifica quattro diversi centri di responsabilità: sociale, organizzativa, professionale e individuale. Si tratta di una responsabilità che vede coinvolti tutti i protagonisti dell’ambito della comunicazione e non, dalle comunità territoriali e virtuali, ai colleghi con i quali lavoriamo, fino a giungere ai lettori e followers che seguono il nostro lavoro. Si tratta di una presa di posizione etica fondamentale, di una mentalità di lavoro che porta inevitabilmente alla necessità di un gioco di squadra, funzionale al contrasto di una crisi, in una clima di unità condivisa.

Quanto auspicato nel testo versa ancora in un momento di accreditamento culturale che segna la più importante sfida professionale della categoria, e da cui dipenderà il progressivo riconoscimento del ruolo prima ancora che delle mansioni.