
28 Feb PORNOGRAFIA E DONNE: L’OSTACOLO ALLA COMUNICAZIONE
Oggigiorno, una parte del mondo manifesta prevalentemente e senza esitare la sua radice maschilista, patriarcale e talvolta misogina; in questo contesto il dibattito sui responsabili di tale costruzione è aperto più che mai. Una continua ricerca che trova alleanza anche nella studiosa Claudia Bianchi, che insieme ad altre filosofe femministe come Catharine MacKinnon e Rae Langton, rintracciano e dimostrano che in parte questo sistema è influenzato e rafforzato da un certo tipo di rappresentazioni pornografiche.
Chiaramente queste esperte rimproverano i materiali più violenti e degradanti dell’industria pornografica, promotori di stereotipi che legittimano l’aggressione fisica e psicologica sulle donne.
Secondo MacKinnon, avvocata, attivista e scrittrice statunitense, questo genere diffuso di pornografia si caratterizza come una rappresentazione violenta del desiderio maschile sul sesso opposto: viene così promossa la rappresentazione di un rapporto sessuale di subordinazione tra uomo e donna in cui quest’ultima è la parte passiva che subisce, mentre la prima è quell’attiva e “padrona” dell’atto sessuale. In questo scenario viene reso esplicito un quadro in cui la figura femminile non ha potere sulla propria sessualità e viene ridotta a un mero oggetto sessuale. Inoltre, è importante evidenziare che quando si fanno circolare delle rappresentazioni di questo tipo, si sta legittimando degli atteggiamenti che vengono, in modo implicito, normalizzati andando a creare un effetto sistemico nel nostro modo di rapportarci con gli altri.
Secondo Rae Langton, infatti, nella pornografia gli atti di subordinazione svolgono una triplice funzione che è in grado di influenzare il contesto comunicativo della donna che viene resa una figura subordinata all’uomo, da lui discriminata e privata di poteri e diritti. Tutto ciò rende per il genere femminile difficile o impossibile portare a termine certi atti comunicativi.
In particolare, si verificano due fenomeni linguistici: l’ingiustizia discorsiva e la riduzione al silenzio.
Il primo esempio si verifica quando l’enunciato di un soggetto riconosciuto come subordinato, viene distorto dall’interlocutore che si trova in una posizione di superiorità. Ecco che un “no, non ne sono sicura” pronunciato dalla parte femminile viene interpretato dall’uomo come un “sì” che va solo incentivato.
Nel caso della riduzione al silenzio, il soggetto discriminato è incapace di esprimere il proprio parere. Ad esempio, la donna non riesce proprio a rifiutare, denunciare o protestare a causa della sua appartenenza ad una categoria marginalizzata e riconosciuta come inferiore.
Questi esempi sono una chiara dimostrazione della presenza di una correlazione tra rappresentazione e aspetto linguistico. Claudia Bianchi, professoressa di Filosofia del linguaggio, raccoglie e analizza gli studi di queste esperte in maniera approfondita nel suo libro “Hate speech. Il lato oscuro del linguaggio”.
La pornografia, è solo una delle tante rappresentazioni culturali che genera discriminazione; la speranza è che il sistema nel quale viviamo oggi possa migliorare, e che ogni tipo di discrminazione venga quantomeno ridimensionato. In questo contesto la collaborazione tra Stato, studiosi ed educatori è essenziale.
BIBLIOGRAFIA
Bianchi, C. (2020). Hate speech.Il lato oscuro del linguaggio. Laterza.
Sugamele, L. (2015). “La pornografia come rappresentazione falsificata del femminile. Il pensiero di Catharine MacKinnon”. Filosofia e nuovi sentieri,https://filosofiaenuovisentieri.com/2015/12/08/la-pornografia-come-rappresentazione-falsificata-del-femminile-il-pensiero-di-catharine-mackinnon/. Consultato il 4 febbraio 2025.