Intervista a Cristina Galasso

Comm to action ha intervistato Cristina Galasso che ci ha raccontato il pensiero di Francesca Talozzi  e ci ha parlato del suo testo “Il corpo e la radice“.

a cura di Giulia Armuzzi e Elisa Taiti

Questa silloge rappresenta solo un pezzo di una produzione che nel tempo ha aggregato racconti, memoir, saggi e drammaturgia. Silvia Rosa nota tuttavia un punto in comune: la cura della parola che implica responsabilità prima della scrittura. Può essere questo un monito, un elemento salvifico per resistere a passaggi sempre più veloci e inconsapevoli?  

Francesca ha sempre avuto grande amore e cura della parola. In un suo testo, citato proprio da Silvia Rosa a conclusione della postfazione a “Il corpo e la radice”, Francesca scriveva che le parole erano “ponti tra i silenzi”. Attraverso la parola Francesca dava forma e senso a sé e al mondo. La parola scritta, in particolare la scrittura drammaturgia e poetica, ha rappresentato un potente strumento di consapevolezza anche rispetto alla malattia. Uno strumento attraverso cui riuscire a tenere insieme tutta se stessa ed esprimere, anzi dare corpo a quel senso di responsabilità e di impegno che ha segnato tutta la sua esistenza. Come mostrano molti suoi testi e anche la silloge poetica “Il corpo e la radice”, per Francesca la scrittura non era dunque mero racconto di sé ma atto creativo e vivificante, attraverso cui portare il proprio io nel mondo.

 

Una delle cose che mi ha più colpito di questo testo è la facilità – istintiva ma mai superficiale – con cui Francesca contamina la sua riflessione (poetica e non solo) con la sua quotidianità. Il suo essere una attivista diffusa. Il suo essere ella stessa parte integrante del periodo storico. Si tratta di una suggestione o di qualcosa di diverso?

È vero, l’attivismo ha segnato profondamente la vita di Francesca e anche la sua scrittura e creatività. Il suo attivismo non si esplicitava solo nell’azione, politica e sociale, che per anni l’ha portata ad occuparsi di diritti delle donne, delle persone con malattie croniche o con disabilità. Era anche e soprattutto un approccio alla vita, una tensione continua a vivere con consapevolezza e responsabilità il suo tempo coniugando etica con creatività, azione con pensiero. Per lei l’attivismo era strettamente connesso all’etica della cura e della relazione. Non credo che nella sua riflessione e azione Francesca portasse tanto il suo quotidiano, quanto piuttosto il suo “personale”. Francesca credeva fermamente nell’idea femminista secondo cui il “personale è politico” e cercava di mettere in pratica ogni giorno quell’idea. 

 

Cosa significava, per Francesca, responsabilità civile?

Per Francesca responsabilità civile significava innanzitutto cura della memoria. In questo senso credo sia esemplificativo di cosa Francesca intendesse per responsabilità civile il suo lungo impegno, artistico e non solo, per la memoria della strage del traghetto Moby Prince ma anche il suo lavoro sulla memoria dei campi di sterminio e sull’esperienza femminile nei lager con la messa in scena dell’opera di Charlotte Delbo o con l’oratorio “Sognavamo nelle notti feroci”. Più in generale tutta la sua attività è stata all’insegna della responsabilità civile come impegno di memoria: dal progetto Omofonie sulla storia del movimento Lgbtq alle letture pubbliche di “Cassandra” e “Medea” di Christa Wolf, dallo spettacolo sulle sorelle Mirabal a quello dedicato alla storia della talidomide dal titolo “Effetto Collaterale”, che poi ha dato nome all’associazione e alla compagnia teatrale che ha fondato a Livorno nel 2009. 

 

Ci consiglia un testo di Francesca che, secondo lei, riassume il suo pensiero e la sua visione del mondo?

Non c’è un unico testo che possa riassumere il pensiero e la visione del mondo di Francesca. Tanti erano i suoi interessi, le questioni che le stavano a cuore, così come diverse erano le prospettive attraverso cui guardava al mondo e si interrogava. Posso però citarne almeno due testi che rappresentano gli ultimi a cui ha lavorato in ordine di tempo e che affrontano due questioni alle quali teneva moltissimo: “Senza resistere è impossibile resistere”, articolo dedicato alle donne lesbiche con disabilità che Francesca ha scritto nel 2019 in occasione della settimana bolognese Lesbicx e “Di fronte a noi”, testo introduttivo a “Oggetti di una strage. Catalogo fotografico degli oggetti rinvenuti sul traghetto Moby Prince”, pubblicato nel 2021.

 

Cristina Galasso è nata a Milano e vive a Livorno. Dopo una laurea in lettere a Pisa e un dottorato in storia a Napoli, si è occupata per 15 anni di comunicazione sociale. Con Francesca Talozzi ha condiviso 28 anni di vita e amore.