Dopo decenni di inattività istituzionale riguardo l’emergenza climatica, l’associazione “A Sud” ha deciso di intraprendere vie legali per porre lo Stato di fronte ai propri doveri, ricordando il ruolo chiave del diritto nella lotta al cambiamento climatico.

“Giudizio Universale”: la causa ambientale contro lo Stato italiano

di Gianpaolo Mascaro

Dopo decenni di inattività istituzionale riguardo l’emergenza climatica, l’associazione “A Sud” ha deciso di intraprendere vie legali per porre lo Stato di fronte ai propri doveri, ricordando il ruolo chiave del diritto nella lotta al cambiamento climatico.
L’emergenza climatica costituisce con ogni probabilità la minaccia più ingente e pressante del nuovo secolo e, per questa ragione, il concepimento e l’adozione di politiche a tutela dell’ambiente dovrebbero rappresentare una priorità nelle agende di lavoro dei governi a livello globale. Ciononostante, gli sforzi intrapresi in questa direzione appaiono tuttora insoddisfacenti, per cui gli impegni verbali stentano spesso nel tradursi in misure concrete ed efficaci.
Ed è proprio in questo contesto che la società civile può svolgere attraverso l’uso del Diritto un ruolo fondamentale nel tentare un’inversione di rotta immediata all’attuale immobilità istituzionale. Un rapporto pubblicato dal Graham Research Institute della London School of Economics and Political Science ha evidenziato come, negli ultimi 30 anni, il numero di cause legali rivolte agli Stati in risposta alla loro inottemperanza agli obblighi giuridici positivi riguardo la salvaguardia dell’ambiente sia aumentato esponenzialmente in tutto il mondo.
Lungo il solco di questo fenomeno, l’associazione “A Sud” – rappresentando oltre 200 ricorrenti (tra cui compaiono sia individui sia altre associazioni impegnate nella giustizia ambientale) – ha intentato una causa civile contro lo Stato italiano davanti al Tribunale Civile di Roma al fine di ottenere l’attuazione di misure adeguate per arginare cambiamenti climatici. Questa campagna, significativamente intitolata “Giudizio Universale”, mira a denunciare il fallimento della classe politica italiana nel rispettare i vincoli stabiliti dal diritto nazionale, europeo ed internazionale. Innanzitutto, tra gli strumenti di natura domestica, vi è l’articolo 2043 del codice civile e il principio del neminem laedere in esso promosso; in secondo luogo, nel quadro degli obblighi comunitari, il diritto ad un clima stabile e sicuro rientra nel catalogo di principi racchiusi nell’articolo 6 del Trattato sull’Unione Europea; infine, per quanto riguarda i parametri internazionali, l’Italia ha sottoscritto gli impegni contenuti nell’UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change) e nell’Accordo di Parigi.
Le domande giuridiche avanzate consistono dunque, nella condanna dello Stato per l’inerzia dimostrata e, più concretamente, nell’obiettivo di abbattere le emissioni di gas serra del 92% entro il 2030 rispetto ai livelli registrati nel 1990. Tali domande aiutano a comprendere che, aldilà del valore simbolico insito ad ogni procedimento giudiziario, “Giudizio Universale” rappresenta un punto di svolta quanto mai concreto nel porre gli attori politici di fronte ai propri obblighi dettati e legittimati dalla comunità scientifica.