Mental coach e allenamento mentale: un accreditamento in essere.

A cura di Bianca Maria Landini

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Fino a qualche tempo fa il sostegno psicologico nello sport non era solamente sottovalutato ma addirittura etichettato come una debolezza. Per questo, alcuni atleti di fama internazionale si sono fermati nel pieno della loro carriera ammettendo di non essere in grado di gestire le pressioni che il loro sport comportava. Un esempio è il caso di Simone Biles che si era ritirata dalle competizioni olimpiche di Tokio 2020 per concentrarsi sul proprio benessere mentale. L’atleta stessa aveva dichiarato: “Devo fare ciò che è giusto per me e concentrarmi sulla mia salute mentale e non mettere a repentaglio il mio benessere”, parlando apertamente dei propri problemi d’ansia.

Nello sport come nella vita questi esempi dimostrano l’importanza dell’aspetto mentale e della sua rilevanza in tutto ciò che facciamo. Un assetto mentale che, nello sport, va allenato nello stesso modo in cui alleniamo il nostro corpo.

Le vittorie sportive, quindi, non sono solo il frutto di allenamento, forza fisica, preparazione tecnica e costanza. Gli atleti, come tutti gli esseri umani, possono avere molte debolezze che spesso si riscontrano a livello mentale.

Qui entra in gioco il ruolo del mental coach una figura fondamentale nella formazione mentale di un atleta. Il suo compito principale è quello di sviluppare una forte consapevolezza dell’atleta, insegnandogli tecniche di concentrazione, di auto motivazione e di potenziamento della propria persona interiore.

A dimostrazione di questo, secondo una ricerca condotta dalla British Psycological Society, l’allenamento mentale messo in atto in modo professionale da un Coach Sportivo può aumentare i risultati delle performance di un atleta anche del 52%.

Un aspetto, dunque, da non “criminalizzare” ma al contrario bisognoso di un forte accreditamento che accompagni un rinnovato modo di fare sport e di confrontarsi con il lato agonistico.