Autocensura sui social media interni

A cura di Filippo Faldon

L’autocensura sui social media interni non riguarda semplicemente il trattenimento di informazioni.

Rappresenta invece una fase deliberativa in cui i dipendenti impiegano strategie nel tentativo di gestire il rischio percepito nel comunicare. Nello specifico, questo processo serve a plasmare il messaggio, cambiandolo rispetto alla sua prima formulazione, inseguendo canoni di correttezza e rilevanza per l’organizzazione senza comportare alcun danno reputazionale.

Nel loro articolo sul tema Vibeke Thøis Madsen e Joost W. M. Verhoeven (link) sottolineano come l’autocensura sia una social media skill. Per metterla in atto i dipendenti immaginano le audiences del loro messaggio, creandosi convinzioni sulle risposte dei riceventi e interiorizzandole come verità che influenzano il messaggio stesso.

L’audience immaginata sui social media interni è molto più tangibile rispetto a quella dei social media esterni e questo, assieme alla consapevolezza che esporsi sul posto di lavoro comporta dei rischi, induce ad una maggiore cautela.

Sulle modalità di espressione e autocensura all’interno dei social media aziendali impatta anche la cultura organizzativa (BIBLIOTIPS 74 IMPEGNO TOTALE). I social media interni vengono spesso presentati come arene di comunicazione dove esprimersi con grande (troppa?) libertà, ma la paura di non venir capiti o la percezione del rischio nell’esprimere opinioni divergenti può portare all’autocensura.

Nel capire ed eventualmente controllare questo fenomeno, il comunicatore interno deve comprendere come vengono interpretate e percepite le norme e le regole non scritte all’interno dell’organizzazione e come i dipendenti si adattino ad esse per rientrare nei canoni comunicativi aziendali senza sacrificare la propria splendida unicità.