Intervista a Roberta Zarpellon

A cura di Giulia Armuzzi

Roberta Zarpellon è tra le autrici delle “Lezioni Campane. I fondamentali della comunicazione.”, CSV Napoli, 2021. Comm to Action le ha chiesto di approfondire il tema del piano di comunicazione all’interno di organizzazioni non profit.

Perché è importante disporre di un piano di comunicazione per le attività di governo di un’organizzazione non profit?

Per rispondere partirei proprio dall’etimologia della parola governo, che viene dal latino “gubernum”, ovvero “timone”. Proprio a questo serve un piano di comunicazione. Ovvero a creare un processo virtuoso di gestione della comunicazione di un’associazione che non sia in balia degli eventi, frammentata o, peggio, scostante. Troppo spesso la nostra attenzione si concentra sull’operatività, sugli strumenti in un rincorrersi di nuove applicazioni pensando, un po’ ingenuamente, che l’ultima release offra la risposta alle nostre domande. Ma questo può diventare una trappola, un falso obiettivo. La vera discriminante, a mio avviso, parte a monte del processo. Ci si deve interrogare sul “perché” piuttosto che sul “come”. Il piano di comunicazione offre questa possibilità poiché, nella sua stesura, richiede risposte che partono proprio dagli aspetti peculiari ed identitari della singola associazione. Infatti, per realizzare un piano di comunicazione efficace il lavoro preparatorio è molto importante e, a volte, articolato perché solo così ci si garantisce la possibilità di avere dati e contenuti utili per organizzare l’azione comunicativa. Dunque, per chi vuole veramente governare la propria comunicazione, il piano è il miglior approccio metodologico che si possa implementare e perseguire.

 

Lo strumento di cui ha parlato è utile solo nel caso di grandi realtà o è applicabile anche per le piccole organizzazioni del terzo settore?

Più che di strumento parlerei di metodo di lavoro. In questo senso, la dimensione non è un elemento di discrimine. Piuttosto vedo nell’attitudine e volontà di porsi delle domande senza dare per scontato di conoscerne già le risposte, nella capacità di ascoltare i propri volontari, i beneficiari della propria azione così come l’ambiente nel quale operiamo, la vera cartina di tornasole. Se, in sintesi, vogliamo agire con coerenza ed efficacia, indipendentemente dalla nostra dimensione, dobbiamo strutturarci e immaginare di organizzare il nostro incedere non tanto basandoci sulla soggettività, la buona volontà o il momento contingente, quanto sull’analisi, sui dati, sulla ricerca di elementi concreti che ci permettano d’affrontare con i necessari strumenti le diverse sfide, soprattutto ora che il contesto esterno (ed anche interno, direi) alle nostre organizzazioni è cambiato e richiede una forte capacità di comprensione delle dinamiche, delle esigenze. Sono convinta che il mondo del non profit abbia un grande patrimonio di reputazione e credibilità, ha tante energie positive, è abituato a lavorare sui valori. Insomma, in una parola, può veramente essere di grande aiuto nella ripartenza offrendo il suo patrimonio di cuore e azione per un nuovo slancio. Per farlo, deve scegliere di gestire e non subire, di progettare partendo proprio dai quei punti fermi sui quali basa la propria azione quotidiana.

 

Secondo lei, il piano di comunicazione può essere utile anche rispetto alle attività di social media communication? E se sì, in che modo la presenza di un piano delineato può riuscire ad interagire con strumenti che “vivono” naturalmente la contingenza del momento?

Un piano di comunicazione integrata prevede necessariamente la presenza di più strumenti di comunicazione e, ovviamente, include anche l’attività social. Non a caso, poi, l’operatività social risponde a un piano editoriale che, in un percorso coerente, dovrebbe concretizzare le scelte strategiche effettuate nel piano di comunicazione, armonizzarle col momento contingente per creare una narrazione coerente agli obiettivi definiti. Certamente, rispetto ad altri strumenti, l’immediatezza della comunicazione social deve poter garantire quella flessibilità e capacità di rispondere con reattività agli stimoli esterni, ma proprio la presenza del piano di comunicazione permette di avere una bussola sulla quale fare affidamento nella scelta del tono della risposta, nell’opportunità o meno d prendere una posizione o reagire a un commento. Ricordiamo poi, che un piano di comunicazione ben strutturato non è mai da considerarsi come un vincolo assoluto, una legge scritta su pietra. Anzi, ogni piano ha anche una dimensione modellabile, che è in grado di includere e fare propri i cambiamenti che, attraverso una continua attitudine all’ascolto, si ritiene di dover attuare.

 

Il consiglio di lettura di Roberta Zarpellon sui temi trattati. 

Per unire teoria a pratica, cosa non sempre così comune nella bibliografia italiana, consiglio di cimentarsi con “Esercitazioni di comunicazione” di Roberto Antonucci per i tipi di Libreriauniversitaria.it edizioni, un volume che è nato proprio per gli studenti universitari e permette di apprendere facendo. Il testo presenta infatti una sezione teorica su cosa sia e come si costruisca un piano di comunicazione e, poi, riporta alcuni casi-studio da analizzare con, in più, l’esercizio svolto, così da avere una traccia su cui riflettere.

 

Roberta Zarpellon, consulente in comunicazione integrata d’impresa, è ideatrice e coordinatrice di Restart Program. Impresa e comunicazione del rilancio ai tempi del Covid 19. Svolge attività professionale di comunicazione, formazione e posizionamento per organizzazioni profit e non profit. Socia FERPI (Federazione Relazioni Pubbliche Italiana), giornalista e coordinatrice del gruppo di lavoro Comunicare le Professioni, è autrice e curatrice di volumi dedicati al mondo libero professionale.

Il volume “Lezioni Campane. I fondamentali della comunicazione.” a cura di Stefano Martello, con contributi di Emanuela Fregonese, Alessandra Veronese e Roberta Zarpellon, è scaricabile gratuitamente cliccando QUI!