Il quadro generale delle start up italiane nel 2020

A cura di Elena Carmazzi

Tra le poche cose positive da ricordare nel 2020 ci sono sicuramente le start up innovative a vocazione sociale, che hanno concluso l’anno con un +19% su un totale di 267 aziende.

Stiamo parlando di società innovative che offrono soluzioni alle esigenze principali del terzo settore: dall’educazione all’healthcare, dalla digital transformation al fitness. A caratterizzarle è anche una marcata presenza femminile e under 35.  È quanto  emerge dalla ricerca condotta sui dati del terzo trimestre 2020 da Cross Border Growth Capital, advisor specializzato in aumento di capitale e operazioni finanziarie per start-up e Pmi.

 Da quanto, emerso il 60% delle start-up innovative si concentra in 5 regioni: Lombardia (28%), Lazio (12%), Veneto (8%), Emilia Romagna (8%) e Piemonte (5%). In particolare sono collocate su Roma, Milano e Torino. I macro-settori interessati sono i servizi (77%), industria e artigianato (17%).  Per quanto riguarda le start up innovative a vocazione sociale c’è una maggior concentrazione nel settore dei servizi e tra le attività più frequenti emergono la produzione software (36%) e la ricerca scientifica e sviluppo (14%). Secondo Cross Border Growth Capital, nel complesso le start-up innovative italiane mostrano ancora difficoltà nel raggiungere una dimensione sostenibile. Quattro società su cinque impiegano meno di 4 dipendenti e 2 società su 3 fatturano meno di 100.000 euro. Solo il 10,6% delle startup Innovative fattura più di 500.000 euro, contro solo il 4,9% delle startup Innovative a Vocazione Sociale. Per quanto riguarda i team, le stesse si contraddistinguono per un tasso maggiore di personale altamente qualificato e per una maggior presenza femminile all’interno.

 Le Start Up Innovative rappresentano un ecosistema relativamente giovane nel panorama economico italiano, e hanno ricevuto da subito un grande interesse tra i nuovi imprenditori. Al 30 settembre 2020 le Start Up Innovative sono 12.068 (secondo l’ultimo report trimestrale di MISE, Unioncamere e InfoCamere). La definizione di start up innovativa nel panorama italiano è piuttosto recente: viene introdotta per la prima volta dall’art. 25 del d.l. n. 179 del 2012, convertito in legge 221 del 17 dicembre 2012,«ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese» che ne definisce l’esistenza normativa e le attribuisce una serie di misure specifiche.

Il decreto, primo punto di un quadro di riferimento dedicato alle startup innovative denominato poi “startup act” individua una serie di norme e di misure volte a favorire e a promuovere la crescita sostenibile, lo sviluppo tecnologico e la cultura digitale, l’occupazione – in particolare giovanile – mettendo in atto una serie di politiche di incentivo alla domanda di servizi digitali anche al fine di promuovere l’alfabetizzazione informatica.

Un quadro promettente, insomma, che seguiremo da vicino anche rispetto alle potenzialità occupazionali per i nostri pubblici.