09 Mar #TheRAREside: storie di donne e uomini “ai confini della rarità”
A cura di Rita Cristofano
Le storie di #TheRAREside continuano e il quinto appuntamento della rassegna ha dato voce a due persone che tutti i giorni scelgono di prendersi cura e di lottare con i loro cari colpiti da disabilità. La prima ospite del talk show si chiama Betina Genovesi, imprenditrice e mamma di Clara. Clara ha quasi 15 anni e dalla sua energia, vivacità e voglia di fare non si direbbe che, quando ancora la sua mamma era in gravidanza, ha avuto un ictus che le ha causato una malformazione al cervello. “I medici le avevano dato poche possibilità” ha raccontato Betina Genovesi, che però non si è mai arresa davanti alla disabilità e ha sempre cercato di creare nuove opportunità per sua figlia. Clara non parla, non scrive e non sa leggere, ma si esprime e comunica attraverso i segni e la sua grande passione per l’arte.
“Ci ha sempre sopresi – ha affermato la mamma- e adesso Clara è diventata addirittura una vera artista!”. Difatti, nel 2012 la giovane teenager ha iniziato a dipingere per curiosità, qualche anno dopo i suoi genitori le hanno regalato un libro di Frida Kahlo. Da quel momento Clara sogna di poter esporre anche lei, come la famosa pittrice, le sue opere a New- York. “Io, mio marito e tutte le persone che vogliono bene a Clara la sosteniamo e sogniamo con lei, perché credere in qualcosa è importante” ha incalzato Betina Genovesi e ha continuato “le cose impossibili possono diventare possibili, nonostante i limiti”.
Con questa convinzione e speranza, la famiglia si è trasferita da qualche mese a Los Angeles, dove credono di trovare più opportunità per Clara e dove la giovane ha ricevuto il visto come talento straordinario. Oltre al talento per la pittura, Clara si diverte a fare la modella e ha anche già lanciato la sua prima collezione. Tutto questo le permette di avere la possibilità di un percorso di vita ambizioso e di non sentirsi emarginata o diversa dagli altri.
Anche la seconda ospite dell’appuntamento ha raccontato la sua storia intrecciata a quella del compagno Francesco, che le ha insegnato che la vita è rara e da onorare. Sempre. “Aveva circa 45 anni quando abbiamo scoperto che Francesco soffriva di adrenoleucodistrofia, una malattia rara neurodegenerativa che presenta diverse espressioni” ha esordito Valentina Fasano.
Si tratta di una patologia che colpisce non solo a livello fisico, ma modifica anche l’atteggiamento, poiché implica un disturbo comportamentale e una regressione cognitiva. Difatti Francesco, in seguito alla malattia, era cambiato, ma nonostante questo e nonostante tante persone non abbiano condiviso la decisione di Valentina, lei ha sempre scelto l’amore e non ha lasciato solo il compagno, diventando sua tutrice legale.
Valentina non si è limitata ad aiutare il suo Francesco; ha fondato l’Associazione Italiana Adrenoleucodistrofia. “L’associazione è stata una scommessa con me stessa, ne sono soddisfatta e la considero una grande famiglia” ha spiegato. Sottolineando l’importanza dello screening neonatale, che risulta il vero strumento per combattere questa malattia rara. Con l’associazione, è impegnata a raggiungere questo obiettivo anche attraverso progetti che potranno permettere di avvicinarsi sempre più verso questa possibilità.
L’associazione, però, non è l’unica cosa che ha istituito Valentina Fasano. Infatti, ha svelato che non le piace definirsi con il termine caregiver, perché esclude il fatto che oltre a dare, si riceve anche tanto tutti i giorni, e così, ha coniato il termine “caretaker”, che esprime meglio questo concetto.
Il sesto appuntamento, inoltre, della rassegna ha avuto come ospite Andrea Buzzi, presidente della Fondazione Paracelso, il quale ha raccontato che da sempre convive con l’emofilia, una patologia che per lui non è altro che la normalità e un tratto identitario della sua persona.
“A volte siamo legati a dei modelli, ciò che è normale e ciò che non è normale, ad esempio, ma può diventare un gioco pericoloso, perché vuol dire sentirsi in perenne inadeguatezza” spiega.
Andrea Buzzi ha raccontato di aver incontrato diverse persone che affrontavano con timore o addirittura nascondevano la malattia perché provavano vergogna. “La vergogna è un sentimento che nasce da un confronto mentale e dalla sensazione di essere inadatto rispetto a un modello che ha posto il mondo” spiega Andrea Buzzi e prosegue “la sede dell’accettazione della malattia è la famiglia”.
Esistono semplici ma efficaci modi per modificare il modo in cui si parla di persone con disabilità, come ad esempio non fare un uso eccessivo di eufemismi, mettersi in ascolto dell’altro e imparare a distinguere il proprio sentire da quello del malato, come ha consigliato lo stesso Buzzi. Ma niente può superare lo sguardo che dedichiamo a una persona.“Si sta bene con una persona quando chi ti sta di fronte ti guarda in un modo che ti fa sentire accettato e amato” conclude.
Anche questa settimana abbiamo ascoltato storie che sanno andare oltre la malattia, storie di amore e di coraggio che superano le difficoltà e danno grande speranza a chi le ascolta. Incuriositi dai prossimi ospiti e dalle storie che ci riserveranno, continuiamo a seguire anche i prossimi appuntamenti di #TheRAREside.