#TheRAREside: storie di donne e uomini “ai confini della rarità”

A cura di Rita Cristofano

Continua la rassegna di #TheRAREside attraverso un viaggio ai “confini della rarità”. Gli ospiti del terzo e quarto appuntamento del talk show- rispettivamente Fabrizio Sottile, Gaia Groppi e Claudia Frizzarin – hanno raccontato le loro storie alla ricerca di autonomia, accettazione di sé stessi e consapevolezza.

“Le persone quando si trovano davanti un ipovedente come lo sono io, hanno due tipi di reazione. Alcuni cercano di sdrammatizzare scherzandoci su e aumentando l’imbarazzo e il disagio; altri hanno una forte curiosità di conoscere la patologia e diventano molto seri” esordisce Fabrizio Sottile, massoterapista e nuotatore.Il ventottenne ha raccontato che, dopo aver scoperto la neuropatia ottica ereditaria di Leber, ha accolto la malattia, tutto sommato, con serenità. “Avevo la testa da un’altra parte” spiega sorridendo.

E’ stato solo quando ha realizzato che la patologia non gli avrebbe più permesso di nuotare e di prendere la patente, che ha capito che oltre alla vista, avrebbe dovuto fare a meno di altri aspetti importanti della sua vita.

“L’autonomia è la gara che voglio vincere adesso” incalza Sottile; augurandosi di potersi liberare dall’unica costrizione che vive al momento: dover rimanere “legato” al luogo in cui vive.

Sogno che appartiene anche a Gaia Groppi, giovane specialista in risorse umane che ha raccontato la sua storia, caratterizzata dalla crigler- najjar.

“La mia patologia mi porta a fare circa sette ore di lampada ogni notte” spiega. Da sempre, fin da piccola a scuola, Gaia, ha dovuto sacrificare gite o vacanze di più di un giorno a causa della sua sindrome e questo, soprattutto da bambina, ha influenzato anche la sua vita sociale.

“E’ stato circa al terzo anno di liceo che ho capito che solo nel momento in cui mi fossi accettata, avrei potuto trovare intorno a me persone che, allo stesso tempo, mi avrebbero accettato” afferma Gaia. Tra i vari appellativi che le hanno dato per via del colore giallo che la caratterizza-  SpongeBob e i Minions, i più gettonati- oggi Gaia ha scelto di paragonarsi ad un girasole, simbolo anche dell’associazione italiana della clinger-najjar, la sindrome da cui è affetta. Come Fabrizio, anche Gaia ha sempre desiderato l’indipendenza, tanto da aver deciso di andare a vivere da sola in Scozia dopo la fine degli studi, per dimostrare che avrebbe potuto vivere la sua vita in autonomia. E’ stato proprio lontana da casa che Gaia ha iniziato a studiare il settore delle Risorse Umane, ambito in cui lavora attualmente.

“Se un giorno ci fosse una terapia per la mia sindrome, sicuramente non vedrei l’ora di fare tutti quei viaggi che non ho mai potuto fare” afferma Gaia, che ad oggi, senza la fototerapia non può muoversi del tutto in libertà.

Ed è proprio “Muoversi in Libertà (MIL) il nome dell’associazione fondata da Claudia Frizzarin, la protagonista del quarto appuntamento di #TheRAREside.

Nel periodo scolastico racconta che la sua disabilità le ha creato diverse difficoltà, a tal punto di arrivare ad avere timore di iscriversi all’università.

“Ben presto mi sono dovuta ricredere però, perché ho trovato un’apertura mentale che mi ha sorpresa; all’università ho incontrato persone disposte prima ad andare incontro alla persona e poi alla disabilità” racconta Claudia e continua “per lo stesso motivo ho fondato MIL, affinché le persone con disabilità vengano trattate come tutte le altre, al di là dei loro limiti”.

L’indipendenza è un obiettivo comune anche a Claudia, che però, ha un’ottica nuova. Ritiene, infatti, che avere una vita indipendente significhi soprattutto riuscire a creare relazioni utili e aumentare la propria autonomia.

“Quindi è fondamentale fare qualche passo in avanti come, ad esempio aumentare i fondi per il progetto “Vita indipendente” per avere anche un sostegno per crearci relazioni; aumentare i fondi per il caregiver e fare chiarezza sul Dopo di noi” conclude Claudia.

Una grande positività contrassegna queste storie. Una positività che non ha niente a che vedere con il mero buonismo ma che, al contrario, viene alimentata da una consapevolezza e da una concretezza fuori dal comune. Non resta che darci appuntamento alla prossima settimana per seguire l’andamento di queste “storie ai confini della rarità”.