L’Everest inquinato dalle microplastiche

a cura di Michelle Guzzo

L’inquinamento da plastica è una delle problematiche più gravi che affligge il nostro pianeta, causando danni all’ambiente e alla salute degli esseri viventi. La narrazione tradizionale racconta di questa invasione come propria degli ambienti marini ma non molti sanno che questo materiale organico è stato recentemente trovato persino sulla vetta più alta del mondo: l’Everest.

Un team di ricercatori inglesi ha analizzato campioni di neve prelevati a circa 8440 metri sul livello del mare, riscontrando la presenza di microplastiche, cioè piccoli frammenti di plastica che derivano dalla degradazione di oggetti d’uso quotidiano e che – per le loro dimensioni infinitesimali – possono percorrere grandi distanze trasportati dal vento, raggiungendo luoghi impensabili. Secondo gli studiosi si tratta di una forma di inquinamento molto grave, perché tali detriti sono talmente piccoli – con dimensioni che variano da pochi millimetri a millesimi di millimetro – da rendere la rimozione molto più complessa rispetto ai frammenti più grandi.

Tuttavia, la questione inquinamento non è completamente nuova per gli scienziati che studiano l’Everest, poiché, già da tempo, la cima è stata soprannominata “discarica più alta del mondo”, a causa delle numerose spedizioni turistiche che si tengono annualmente.

Sembrerebbe infatti che le microplastiche trovate nei campioni di neve non siano state trasportate solamente dai venti, ma è plausibile ipotizzare che derivino principalmente da indumenti e oggetti usati da escursionisti e arrampicatori, come ad esempio le corde e i contenitori di cibi e bevande.

Le scoperte del team inglese – quindi – portano nuovamente l’attenzione sull’impatto che l’uomo ha sull’ambiente, attraverso un eccessivo turismo di massa che si affianca alle attuali politiche produttive e industriali, ancora miopi rispetto al tema della sostenibilità ambientale.

Se il danno, è già stato fatto, questo non vuol dire che non sia possibile contenerlo con  una maggiore sensibilizzazione che, nel caso specifico, potrebbe interessare la scelta delle modalità di produzione di abbigliamento e attrezzature che riducano la dispersione di microplastiche nell’ambiente.

Una sfida nella sfida, dunque, che origina da una generale deresponsabilizzazione su un tema che si percepisce sempre troppo lontano dalla propria quotidianità.