L’intervista di CommtoAction a Roberto Grandicelli.

a cura di Giulia Armuzzi

È stato appena pubblicato il libro Nasce lo “human-centered branding”. CSR, Internal branding e dinamiche slow edito da FrancoAngeli. CommToAction ha intervistato l’autore Roberto Grandicelli per avere alcune valutazioni per inquadrare il fenomeno.

  • In cosa consiste lo human-centered branding?

Anzitutto lo “human-centered branding” è la trasposizione, in ambito applicativo, della Teoria umanistica dell’impresa che il libro si propone di illustrare.

Il cuore di questa filosofia è il profitto; non più come fine ultimo dell’impresa bensì quale strumento per arrivare al coglimento del vero obiettivo al quale un’organizzazione deve saper tendere, ovvero: la generazione di valore per i propri membri, per gli stakeholder e per il contesto nel quale si trova ad operare.

Come dichiarato nel testo, questa dinamica di branding è qui descritta in forma predittiva, ma i “case” ed i contributi di idee ed esperienze, maturate da professionisti e docenti universitari, avvicinano di molto l’ideale al reale.

Già da oramai 50 anni, in Butan, il PIL è stato sostituito dal GNH (Gross National Happiness – GNH), introducendo il concetto di “Felicità Nazionale Lorda” come indicatore del successo economico.

Per avvicinarci a noi, la New Economics Foundation, nel Regno Unito, ha pubblicato un Indice di Felicità del Pianeta (HPI) attribuendo un ranking alle singole nazioni sulla base dei dichiarati livelli di felicità dei loro cittadini e del loro livello di attenzione ambientale. Questo a dimostrazione che la definizione di valore trova già riscontro in autorevoli ambiti internazionali.

In merito a questo punto mi piace segnalare la definizione estremamente analitica, che viene formulata nel testo, del concetto di “generazione di valore”.

 

  • In che modo lei ritiene che questa metodologia possa impattare sull’esistente?

Direi che ne sarà la naturale evoluzione. In questo libro viene data descrizione di come si è arrivati al concetto di branding. A partire dalla semplice apposizione di un marchio, vengono, in sintesi, descritti quali sono stati i meccanismi che hanno orientato il mercato e la società a compiere determinate scelte. Le soluzioni adottate sono sempre state una diretta conseguenza degli accadimenti. Ebbene, anche in questo caso si è data evidenza di tutti i segnali che già oggi la società ci offre e che ci portano a formulare un’estrapolazione di tendenza che indica l’hcb (human-centered branding) come la dinamica di branding più rispondente alle aspettative.

In merito a questo punto segnalo che nel volume viene data evidenza di come tutte le scelte, apparentemente “human” operate dalle imprese, non siamo mai state un gesto volontario/filantropico bensì “ultima ratio”, coattivamente indotta da dinamiche di contesto. Così sarà per l’hcb: ineluttabile.

 

  • E, più nello specifico, nell’area della CSR?

La generazione di valore deve comprendere necessariamente il contesto nel quale l’impresa si trova ad operare. L’applicazione dei criteri CSR è pertanto parte integrante della filosofia hcb ed il volume ne traccia la nascita e la relativa evoluzione. Nel testo si fa riferimento anche alla CCR e ad altre forme di restituzione di valore al sociale, oggi perseguibili.

Il passo formale attraverso il quale un’impresa sposa e promulga, all’interno della propria organizzazione, un modello gestionale CSR-oriented è il “codice etico aziendale”.

In merito a questo punto mi piace riportare un inciso, utile (e anche un po’ divertente!) per valutare un sistema CSR: “Il codice etico deve essere per l’impresa “la costituzione” alla quale riferirsi…

…in tal senso sarà necessariamente un documento vivo che vorrà essere ciclicamente aggiornato e integrato di tutte quelle fattispecie ed eccezioni fisiologicamente non pienamente considerate nel corso di prima stesura. La frequenza con la quale viene revisionato questo documento valga come cartina tornasole (per carità sicuramente non esaustiva ma senza dubbio indicativa), della reale applicazione dei concetti ivi espressi.”

 

  • Si parla sempre di nuove metodologie e nuovi approcci che dovrebbero migliorare il presente. Partendo dalla sua esperienza sul campo, quali ritiene possano essere i tempi di accreditamento della metodologia raccontata e gli ostacoli che la stessa potrebbe incontrare sul proprio cammino?

L’ostacolo direi che è presto individuato e spero (a breve) rimosso: la resistenza che opporranno i manager appartenenti alla mia generazione, per i quali la posizione gerarchica in un’organizzazione è, da sola, un obiettivo di per sé appagante, indipendentemente dal percorso, proprio e altrui. Oggi i giovani non sono più così miopi da non vedere come la capacità di elaborazione del pensiero, propria di ciascun individuo, venga inibita, tarpata o comunque svilita da modelli gestionali aziendali inefficaci.

Modelli che, pur prendendo formalmente le distanze dalla logica della catena di montaggio, ne hanno di fatto riproposto la filosofia, mirando alla standardizzazione di ciascun processo aziendale, attraverso un’esasperata procedurizzazione delle attività e senza creare il giusto spazio all’esercizio creativo.

In merito a questo punto, vorrei fortemente invitare tutti gli studenti a leggere il paragrafo:

“1.3.1. Un monito al management: la Teoria di Robin Marris” ..affinché siano migliori di noi.

 

  • Per concludere, può illustrarci il metodo di consultazione che ha scelto per il proprio libro?

Risponderò a questa domanda indicando due metodologie su tutte:

  1. il servizio “books.google.it”, che permette di aver accesso, anche se in forma digitale e ancorché parziale, a moltissime fonti ma utilissimo in sede di valutazione dei testi da approfondire;
  2. le librerie Feltrinelli: uno specchio d’acqua nella savana dove andarsi ad abbeverare, insieme ad altre specie, condividendo il medesimo spazio, la medesima risorsa e senza sopraffazione, pur con l’attenzione che sempre è bene mantenere vigile rispetto a tutto ciò che ci succede intorno!

 

Roberto Grandicelli è Responsabile Brand Care& Promo ADV per il Gruppo Istituto Italiano della Saldatura. Fa parte del network di redazione di Brandforum.it.Osservatorio Culturale sul branding  e pubblica per il magazine Advertiser.