Carta di Rieti: i 9 comportamenti per un’efficace comunicazione in emergenza. Ascoltare gli stakeholder.

a cura della Redazione

Prendendo spunto dalle parole dei Consiglieri Nazionali Biagio Oppi e Sergio Vazzoler nel loro articolo La responsabilità dei comunicatori e dei relatori pubblici ai tempi dell’Infodemia abbiamo deciso – in relazione agli accadimenti del weekend del 22 e 23 febbraio e dell’esplosione della questione del Covid-19 – di indagare i nove comportamenti espressi nella Carta di Rieti e relativi ad un corretto modello comunicativo in caso di emergenze. Pur non entrando nel merito della questione e delle relative procedure già in atto (non essendo competenti) intendiamo il nostro come sforzo e supporto responsabile, in linea con quelle stesse linee guida che indagheremo nel corso di questa settimana.

Ascoltare gli stakeholder.

Da soli non andiamo da nessuna parte. Questo vale per le nostre vite personali così come per quelle professionali. Siamo diventati quel che siamo grazie alla vicinanza – diretta o indiretta – di tante persone, di tante parole, di tanti successi e di tanti fallimenti. In un futuro saremo quel che saremo grazie alla vicinanza – diretta o indiretta – di tante persone, di tante parole, di tanti successi e di tanti fallimenti. In questo processo, talvolta ordinato, talvolta caotico l’ascolto – la capacità empatica di immedesimarci nelle aspettative altrui – diventa una risorsa strategica per comprendere pienamente la situazione vissuta e per calibrare in maniera sartoriale le risposte da veicolare all’esterno e le modalità strumentali più efficaci per farlo. L’ascolto auspicato dalla Carta di Rieti è ascolto diffuso, nel tempo e nello spazio. È un ascolto preventivo, che nasce in un momento in cui la crisi non esiste, con un obiettivo che ai più forse potrà sembrare ridondante ma che in realtà è centrale nell’economia di un consolidamento relazionale e della nascita di un clima di fiducia reciproco tra le parti. È un ascolto responsabile, nel momento in cui la crisi conclamata innesca paure, dubbi, fragilità, richiedendo parole ferme coerentemente in linea con le azioni. È un ascolto proattivo ed indomito, nel momento in cui la crisi è cessata. Nel momento in cui proprio la nostra responsabilità ci impone – dopo il tradizionale brindisi di scampato pericolo – di rimetterci immediatamente al lavoro per ascoltare i cambiamenti che quella stessa crisi ha apportato nello scenario generale. Decidendo consapevolmente i termini e le modalità del rilancio. È un ascolto costante e, nel contempo, rischioso, stressato dalla tentazione di una forma neutra e formale che ci induce ad ascoltare senza ascoltare. È un rischio, questo, che molti scelgono di correre, spesso non tanto per dolo quanto piuttosto per semplice assenza di alternative e di tempi. Ma è giusto sottolineare come pochi la passano liscia, in un tempo che tutto svela e rispetto ad un’attitudine in cui basta porre una domanda a bruciapelo all’interlocutore apparentemente attento per svelare il trucco. In gioco non c’è solo il rischio di una brutta figura ma l’ancor più pericoloso allentarsi di un legame di fiducia che la crisi rende già fragile e che, proprio per questo, deve essere costantemente allenato.