La parola della settimana: deontologia

di Anna Luna Di Marzo in collaborazione con Stefano Ricci

Deontologia: insieme di norme etico-sociali che disciplinano l’esercizio di una professione (Garzanti).

Nell’ambito delle professioni intellettuali la deontologia è un insieme di norme che disciplinano l’esercizio di una professione. Ma quale funzione riveste la deontologia all’interno del ruolo comunicativo?

Il comunicatore non è soggetto a un codice deontologico, di conseguenza, non può ricevere sanzioni, a differenza di quanto accade al giornalista. Sorge subito spontaneo chiedersi, dunque, quale sia il codice morale ed etico al quale fa affidamento il comunicatore nello svolgere le proprie mansioni. L’assenza di norme e, di conseguenza, di sanzioni, può rivelarsi, infatti, un’“arma a doppio taglio”. Ciò comporta, da un lato, una maggiore libertà di espressione, in quanto il comunicatore si sentirà meno vincolato, dall’altra, però, c’è il rischio di perdere credibilità, in quanto, non rispondendo a norme deontologiche, il comunicatore, di fatto, non può essere sanzionato, e di conseguenza molto spesso il suo lavoro non viene interpretato come una vera e propria professione. Se le norme non provengono dall’esterno, è quindi necessario che chi comunica intraprenda un processo di autoregolazione, in modo tale da essere consapevole dei vincoli necessari da introdurre per svolgere al meglio il proprio lavoro, senza così tralasciare etica e morale, due caratteristiche fondamentali per chi svolge una qualsiasi professione di impatto sociale.

Trattandosi di comunicazione, è quindi importante che il comunicatore e il destinatario condividano in qualche modo, e nella stessa misura, un “sistema valoriale”. A tal proposito è interessante osservare come viene trattato il tema dei valori all’interno della comunicazione nel capitolo intitolato: “norme e valori”, che è possibile trovare nel testo Deontologia della Comunicazione, a cura di Guido Gatti. Gatti nota come i codici di “deontologia professionale” prevedano una gerarchia di valori che, nell’ambito della comunicazione, dovranno essere più o meno condivisi dal destinatario del messaggio, e che siano in un qualche modo “universalmente” riconosciuti. Questo perché un sistema fondato su valori prettamente soggettivi, andrebbe ad intaccare il lavoro svolto dal comunicatore e, di conseguenza, la sua credibilità in quanto tale. Ma siamo davvero in grado di auto regolarci, quando comunichiamo, nel momento in cui sappiamo di essere liberi da sanzioni normative?