La parola della settimana: creatività.

di Anna Luna Di Marzo

Cosa c’entrano uno studente inglese, una palla, un campo da calcio e il rugby, con la creatività? Spesso quando si parla di creatività si tende a creare una scissione di pensiero tra chi sostiene che creatività sia sinonimo di anarchia e mancanza di regole, e chi, invece, sostiene l’esatto opposto.

Nel 1823 uno studente inglese di nome William Ellis, durante una partita di calcio con i propri compagni, decide di prendere la palla, tenerla stretta tra le braccia e iniziare a correre fino a raggiungere la porta avversaria. Ellis ha deciso di rompere gli schemi, e di mettere in atto quella che è la nostra parola della settimana: creatività. Ma torniamo a noi e alla comunicazione. Nell’ambito della comunicazione d’impresa, l’atto creativo è di fondamentale importanza, sia per permettere un rinnovamento costante all’organizzazione, sia perché concede al comunicatore dalla personalità curiosa la possibilità di un apporto sempre nuovo. Ma che cos’è la creatività? Cosa si trova nel mezzo tra gli estremi polarizzati dell’anarchia e della regola? Il primo a coprire questo spazio tra i due estremi polarizzati e affermando, di fatto, un ragionamento creativo che rompe gli schemi, è stato l’educatore Graham Wallas che ha elaborato un modello di creatività racchiuso in quattro diversi step: preparazione, incubazione, illuminazione e revisione. Wallas decide così di codificare i momenti dell’atto creativo, iniziando da una fase estremamente razionale – la preparazione – in cui la questione interessata viene affrontata in tutte le sue sfaccettature, al fine di verificare la corrispondenza esatta tra l’elemento creativo e lo scenario di applicazione. Nella prima e nell’ultima fase resiste dunque una tendenza razionale che al contrario viene abbandonata nelle due fasi intermedie – incubazione e illuminazione – a vantaggio di una riflessione inconscia ancora oggi difficile da inquadrare. A questo punto, il quesito è d’obbligo: ritenete che questo modello possa trovare spazio in un ambiente così uniformato come quello attuale? E, soprattutto, ritenete che la creatività possa trasformarsi in volano di successo per le organizzazioni, a prescindere dal loro ambito di appartenenza?