20 Feb Raccontare La Rarità – Intervista a Marco Dotti
Comm To Action seguirà Raccontare la Rarità, il corso per giornalisti (giunto alla quarta edizione) interamente dedicato alle malattie rare, che si tiene ogni anno in occasione della Giornata Mondiale delle Malattie Rare.
Marco Dotti è docente di Professioni dell’editoria all’Università di Pavia. Si è specializzato in temi di etica pubblica legati alle nuove professioni e alle nuove tecnologie e fa parte della redazione del mensile Vita.
Per meglio inquadrare il corso Sara Degl’Innocenti di Comm To Action lo ha interpellato per alcune considerazioni.
L’importanza della comunicazione relativa al focus delle malattie rare
C’è differenza fra informazione e comunicazione. La prima opera un passaggio di contenuti da un soggetto all’altro, la seconda mette in correlazione reciproca più soggetti. Questa semplicissima e forse per molti aspetti banale considerazione ci permette di considerare la rarità come ricchezza. Questo accade perché in una società inclusiva non è unicamente doveroso informare sulle malattie rare (le loro implicazioni, le loro conseguenze, le sfide in atto nel campo della ricerca), ma è necessario ricordarsi che dietro e attorno quelle malattie ci sono vite ed esperienze di lotta e di vita che se non lasciate a se stesse possono dire tanto. E dirlo a tutti.
Comunicare le storie, le esperienze, beninteso anche tutte le difficoltà oltre alle azioni generative che si legano al mondo delle malattie rare, fare parlare le associazioni e i oggetti attivi di questa lotta arricchisce tutti: innesca quel salto qualitativo che accresce il il capitale sociale e culturale di un Paese.
Gli strumenti adeguati per supportare l’incontro e il dialogo tra i soggetti direttamente coinvolti e i giornalisti e i comunicatori
Io credo vada dato spazio alle esperienze, senza il sovraccarico emotivo che spesso da certi media e in certi contesti viene dato all’esperienza della malattia. Non servono – questa è la mia opinione – testimonial di questa o quella malattia. Serve un impegno comune e, proprio per favorire questo impegno comune, che deve essere segnato da un connubio di rigore (scientifico, anche nel comunicare) e passione, vanno creati spazi fisici e mediali bonificati da ciarlatani e da commercianti di lacrime. Per questo personalmente preferisco parlare di esperienze, che di storie. Le esperienze sono tragitti individuali dentro un comune destino. Le storie rischiano di portarci altrove. Prioritario però è costruire questi luoghi: piattaforme media online, spazi di dialogo e approfondimento offline, forme di condivisione e messa in relazione fra le associazioni che aprano alla grande questione che uno dei padri dell’antropologia medica, Victor von Weizsäcker, ci invitava a porre in termini radicali:”Che cosa significa la malattia per la medicina? è la domanda che si pone, oggi, il sapere medico strumentale. “Che significato ha la malattia per il malato?” è, al contrario, la questione che interessa un sapere non più strumentale ma che pone la persona al centro.
Cosa si può auspicare per il futuro partendo da eventi come il corso di formazione “Raccontare la rarità”?
Che questo spazio diventi una forma di condivisione generativa continua,ad esempio dando vita a tanti piccoli eventi mensili sul tema, oppure a una piattaforma che diventi spazio comune per ciò che talvolta manca: un dibattito informato, equilibrato, attivo fra saperi e pratiche.