Geo-ingegneria solare: una soluzione “anti-democratica” e pericolosa

Di Gianpaolo Mascaro

Un gruppo di esperti ha individuato le minacce relative alla geo-ingegneria solare, alla luce delle quali ha lanciato una petizione al fine di adottare un accordo internazionale contro il suo utilizzo .

Nel corso dell’ultimo decennio, il tema della crisi climatica ha acquisito sempre maggiore rilevanza e, con essa, i dibattiti sulle soluzioni più praticabili, adeguate ed efficaci. Ad oggi, nonostante l’adozione di impegni politici a livello internazionale volti a mitigare questa emergenza–l’Accordo di Parigi su tutti-, le contromisure implementate si sono rivelate altamente insufficienti e le minacce da tempo individuate rimangono tuttora di attualità. Per questa ragione, da qualche anno sta prendendo piede l’idea di intervenire in maniera più incisiva, ponendo in essere iniziative ben più drastiche rispetto ai meri tentativi di riduzione delle emissioni di gas serra. Si collocano dunque in questo contesto i progetti di geo-ingegneria solare, consistente nella riflessione di una frazione della luce solare in entrata al fine di ridurre la radiazione solare incidente sulla superficie terrestre e raffreddare pertanto artificialmente le temperature del pianeta.
L’invasività di tale misura preoccupa notevolmente parte della comunità scientifica, che teme l’introduzione e l’uso sistematico di questi metodi nelle politiche ambientali in termini di rischio per il clima e per la società. Di conseguenza, lo scorso gennaio un gruppo di esperti e accademici ha lanciato una petizione allo scopo di esortare le istituzioni nazionali ed internazionali a redigere e adottare un accordo di divieto di utilizzo di tecniche di geo-ingegneria solare.
Infatti, l’efficacia della geo-ingegneria solare non è stata pienamente dimostrata dal punto di vista scientifico: per esempio, sussistono ancora numerose incertezze circa la mancanza di uniformità delle conseguenze che si potrebbero riscontrare in diverse zone del pianeta e circa i possibili effetti in termini di disponibilità di acqua e cibo all’interno di vaste regioni mondiali. In generale, la comunità scientifica è giunta alla conclusione che, nella maggior parte dei casi, la geo-ingegneria solare esporrebbe a maggiori pericoli i paesi già di per sé maggiormente vulnerabili alle minacce climatiche, riservando paradossalmente gli impatti più positivi a quelli che versano attualmente in condizioni più sicure.
Per queste ragioni, l’assetto odierno della comunità internazionale non appare idoneo all’implementazione di misure che nascondono una tale quantità di insidie. Innanzitutto, le decisioni politiche internazionali possiedono raramente un carattere democratico, dal momento che vengono quasi sempre imposte dagli Stati più ricchi ed influenti, lasciando poco margine di manovra a quelli cosiddetti “sottosviluppati”. Similarmente, la giustizia climatica -consistente nell’equa distribuzioni di obblighi e responsabilità tra tutti i paesi del mondo- risulta tuttora una chimera, con gli effetti del cambiamento climatico che gravano sugli Stati del “Sud Globale” molto più che su altri.
Alla luce di queste disparità, è chiaro che i progetti di geo-ingegneria solare andrebbero ad acuire ulteriormente i disequilibri mondiali tra paesi ricchi e paesi poveri, rappresentando (forse) una soluzione per i primi e indubbiamente una minaccia per i secondi. Pertanto, risulta necessario fare un passo indietro e far sì che tutti gli Stati rispettino gli obblighi di sostenibilità su un piano di parità ed eguaglianza, senza far ricorso a scorciatoie tecnologiche più costose, più invasive e meno sicure.