Sostenibilità o Marketing?

La Strategia del Greenwashing

A cura di Enrico Marinelli

Negli ultimi anni, il tema della sostenibilità ha acquisito una rilevanza crescente. Questo fenomeno, legato all’ambiente e alla società, ha spinto molte aziende a ripensare al proprio operato e al proprio impatto sul pianeta. Certo, non si diventa “green” senza sforzi: la sostenibilità, in molti casi, richiede di ridefinire interamente le organizzazioni a fronte di un’iniziale sacrificio sul fatturato.
È in questo contesto che si attua spesso una strategia comunicativa rischiosa: il greenwashing. Per capire l’origine del termine, si può pensare a una mano di vernice verde (da cui il “green”) per nascondere — proprio come avviene con la pittura a calce (da cui “whitewashing”) — ciò che c’è sotto. Infatti, questa strategia comunicativa si basa sulla promozione del brand come rispettoso dell’ambiente, attraverso il lancio di iniziative green, che in realtà sono volte a mascherare o a mettere in secondo piano aspetti ben più rilevanti riguardo all’impegno per la sostenibilità. Per esempio, la promozione dell’utilizzo di materiali ecologici per il lancio di un nuovo prodotto può distogliere l’attenzione da un’intera filiera di produzione con impatti dannosi per la salute delle persone e per l’ambiente.
Nell’ambito di queste strategie, per valorizzare positivamente il nome del brand, vengono spesso utilizzati claim come amico dell’ambiente o naturale, corredati da splendide immagini di luoghi naturali incontaminati.

Numerosi sono i casi in cui le aziende si sono presentate come sostenibili solo per convenienza, senza un reale impegno da parte della stessa. Un esempio noto è la campagna pubblicitaria delle “basse emissioni” di Ryanair (2019): un’iniziativa volta a pubblicizzare le basse emissioni di CO2 della compagnia low cost, volta a dare un’immagine di efficienza e sostenibilità per incentivare l’acquisto di voli, privo un effettivo abbattimento dell’impatto sull’ambiente. Analogamente ad altri casi, inchieste hanno dimostrato che, nonostante gli sforzi nel comunicare la propria vicinanza alla causa ecologica, le aziende spesso mantengono condizioni di lavoro pessime e i processi di lavoro invariati o addirittura inquinanti, risultando pertanto incoerenti con il messaggio con cui si promuovono.
Un altro caso controverso è quello di Coca-Cola, che nel 2018 ha lanciato la campagna “World Without Waste”, impegnandosi a riciclare un’unità di bottiglie e lattine per ogni prodotto venduto entro il 2030, oltre a impegnarsi a utilizzare imballaggi riciclabili entro il 2025 e almeno il 50% di materiali riciclati nella produzione entro il 2030.
Nonostante gli impegni dichiarati, l’azienda risulta essere uno dei maggiori inquinatori di plastica al mondo. Inoltre, nel 2022 Coca-Cola ha sponsorizzato la COP27 e, successivamente, nel 2024 ha ridimensionato i suoi obiettivi ambientali.

In conclusione, queste pratiche non solo non contribuiscono a migliorare le condizioni di sostenibilità ambientale, ma finiscono per ostacolarle, rallentando la transizione ecologica.
Ciononostante, queste evidenti divergenze tra la comunicazione aziendale e impegni realmente rispettati vanno dimostrate. Infatti, il riconoscimento del greenwashing a livello legale non è semplice, poiché richiede una documentazione attenta dei dati che attestano il reale impatto sull’ambiente dei processi aziendali. A titolo di esempio, vale la pena ricordare la denuncia presentata nei confronti di Nike nel 2023 da una consumatrice, che accusava il brand di greenwashing, in spregio al Missouri Merchandising Practices Act e alla Green Guide della Federal Trade Commission (FTC). Il caso fu tanto sentito che, la stampa all’epoca, riferiva la volontà della querelante di trasformare la denuncia in una class action. Tuttavia, l’azione legale si concluse con un nulla di fatto per mancanza di prove certe che dimostrassero l’incongruenza delle pratiche di Nike davanti alla giustizia.

A conti fatti, le pratiche volte a garantire la sostenibilità sono molteplici, ma non sempre, la loro constatazione è facilmente tangibile né coerente nel tempo, lasciando spazio a campagne di marketing che spesso strumentalizzano la facciata green delle aziende. Questi episodi dimostrano quanto siano necessarie linee guida e norme più chiare per garantire la trasparenza delle strategie di sostenibilità aziendale. In questo contesto, giocherà un ruolo rilevante la firma della Dichiarazione di Roma sulla Responsabilità della Comunicazione Green nelle Relazioni Pubbliche, che si terrà il 23 e 24 settembre 2025. Un’iniziativa del World Innovation and Change Management Institute (WICMI), che si propone di offrire linee guida per i professionisti delle relazioni pubbliche sulla comunicazione delle sfide legate al cambiamento climatico e alla transizione verso un’economia sostenibile, focalizzandosi sulla responsabilità di una comunicazione ambientale più veritiera e trasparente.