Ambientenonsolo #44: I giornalisti del Forever Pollution Project tracciano i PFAS in tutta Europa

Più di 17.000 siti in tutta Europa sono contaminati dai PFAS, secondo i risultati di un’indagine esclusiva, durata vari mesi, condotta da 18 redazioni europee, fra cui Le Monde e il Guardian.

L’indagine “The Forever Pollution Project” rivela un ulteriore 21 000 siti di presunta contaminazione a causa di attività industriali attuali o passate. La contaminazione rivelata da questo progetto si diffonde in tutta Europa.

All’inizio di febbraio 2023, l’Agenzia europea per le sostanze chimiche ECHA ha pubblicato una proposta di divieto su tutte le sostanze PFAS – o per- e polifluoroalchil presentata da cinque Paesi.

“The Forever Pollution Project” rivela che c’è molta più contaminazione in tutta Europa di quanto si sappia pubblicamente. I giornalisti hanno raccolto 100 set di dati e archiviato decine di richieste FOIA per costruire una mappa sulla contaminazione da PFAS in Europa. (vedi maggiore informazioni sulla metodologia utilizzata)

La metodologia scientifica alla base di questa “esperienza giornalistica peer-reviewed” è presa in prestito dal PFAS Project Lab e dalla mappa dei siti e delle risorse della comunità PFAS negli Stati Uniti.

“È un risultato necessario e anche spaventoso che è stato raggiunto qui”, ha detto Phil Brown (Northeastern University, Boston), che ha coordinato il lavoro per la mappa americana. “Qualcosa di simile è mancato per l’Europa”, ha detto Martin Scheringer, professore di chimica ambientale presso l’Istituto federale svizzero di tecnologia (Zurigo, Svizzera). “Il vostro contributo è quindi estremamente importante e prezioso.”

Il progetto dimostra che in Europa esistono 20 impianti di produzione e più di 2.100 siti che possono essere considerati hotspot PFAS – luoghi in cui la contaminazione raggiunge livelli considerati pericolosi per la salute delle persone esposte.

Il problema: è estremamente costoso sbarazzarsi di queste sostanze chimiche, una volta che hanno trovato la loro strada nell’ambiente. Il costo della bonifica raggiungerà probabilmente le decine di miliardi di euro. In diversi luoghi, le autorità hanno già rinunciato e hanno deciso di mantenere le sostanze chimiche tossiche nel terreno, perché non è possibile pulirle.

I PFAS sono utilizzati in molti settori diversi, dal Teflon allo Scotchgard per produrre prodotti antiaderenti o impermeabilizzanti. Non si degradano nell’ambiente e sono molto mobili, quindi possono essere rilevati in acqua, aria, pioggia, lontre e merluzzi, uova sode e esseri umani. I PFAS sono legati al cancro, all’infertilità e a una dozzina di altre malattie. È stato stimato che il PFAS grava ogni anno dai 52 agli 84 miliardi di euro sui sistemi sanitari europei.

Le emissioni di PFAS non sono ancora regolamentate nell’UE e solo pochi Stati membri hanno adottato limiti. Tutti gli esperti di PFAS che sono stati intervistati erano convinti che le soglie stabilite dall’UE per l’attuazione nel 2026 fossero troppo alte per proteggere la salute umana.

“The Forever Pollution Project” ha anche scoperto un ampio processo di lobbying per annacquare il divieto PFAS proposto a livello europeo. Diverse decine di richieste FOIA a Bruxelles e in altre città europee hanno rivelato che per mesi, più di 100 associazioni di settore, gruppi di riflessione, studi legali e grandi aziende hanno lavorato per influenzare la Commissione europea e gli Stati membri per indebolire il prossimo divieto PFAS.

Nel corso di diversi mesi di indagini, il “Forever Pollution Project” ha sezionato oltre 1200 documenti riservati della Commissione europea e dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) nonché centinaia di fonti aperte. Analizzando questi documenti, i giornalisti che partecipano al “The Forever Pollution Project” hanno rilevato come diverse, aziende da Chemours a 3M o Solvay, stanno cercando di esentare i loro prodotti dal divieto.

Il lavoro senza precedenti svolto ha permesso di individuare almeno 17.571 siti contaminati in cui i livelli di PFAS superano i 10 nanogrammi per litro (ng/L). Questi siti includono 2.100 “hotspot” dove le concentrazioni superano i 100 ng/l, un livello che la maggioranza degli esperti che sono stati consultatoi considera pericoloso per la salute.

Tutti i 17 000 siti contanuinati e tutti i 21 000 siti con una presunta contaminazione (“presunta” per la presenza di attività industriali, passate o presenti, documentate sia come utilizzatori che come emettitori di PFAS).sono disponibili su http://lemde.fr/PFASmap. I link ai partner segnalanti sono disponibili su www.foreverpollution.eu.

Nella mappa di Le Monde (linkata anche nell’immagine qui sotto) è possibile, cliccando sul singolo punto, visualizzare i dati rilevati (vedi esempi sotto la mappa). Tutti i dati sono disponibili e scaricabili in formato aperto.

Il Forever Pollution Project è stato inizialmente sviluppato da Le Monde (Francia), NDR, WDR e Süddeutsche Zeitung (Germania), RADAR Magazine e Le Scienze (Italia), The Investigative Desk e NRC (Paesi Bassi). Il progetto è stato sostenuto finanziariamente da Journalismfund.eu e Investigative Journalism for Europe (IJ4EU). L’indagine è stata ulteriormente sviluppata e indagata da Knack (Belgio), Denik Referendum (Repubblica Ceca), Politiken (Danimarca), YLE (Finlandia), Reporters United (Grecia), Radio lettone (Lettonia), Datadista (Spagna), SRF (Svizzera), Watershed Investigations / The Guardian (Regno Unito). Il processo di collaborazione transfrontaliero è stato sostenuto da Arena for Journalism in Europe.

Ecco alcuni dei principali articoli pubblicati sulle principali testate europee:

Grazie al supporto di Piefrancesco Paolicelli della comunità Open Data Italia e di uno dei giornalisti che ha contribuito all’inchiesta, Gianluca Liva (Radar Magazin), per agevolare la consultazione dei dati italiani, ho realizzato le seguenti due mappe interattive con i dati rilevati sulla presenza di PFAS in Italia nelle acque superficiali e sotterranee e nel biota e dei siti nei quali si utilizza (o produce) PFAS in Italia.

Gianluca Liva, che ha fatto parte del gruppo di ricerca hanno pubblicato questi articoli su Radar Magazine:

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