29 Set Il ruolo dello storytelling nella narrazione del cambiamento climatico
Di Melissa Tuttocuore
1992, Rio de Janeiro. In corso la Conferenza sull’ambiente e lo sviluppo delle Nazioni Unite. Di fronte ai capi di Stato riuniti prende la parola Severn Cullis-Suzuki, una canadese dodicenne che aveva affrontato un viaggio lungo centinaia di chilometri per gridare al mondo che il comportamento dannoso e l’indifferenza degli Stati per l’ambiente stavano mettendo a repentaglio il suo futuro, il futuro della sua generazione e delle generazioni successive.
2018, Katowice, Polonia. in occasione della ventiquattresima Conferenza delle Parti sul Clima, una altrettanto giovane svedese quindicenne tiene un discorso carico dello stesso dolore di Severn perché sono passati 26 anni dalla Conferenza di Rio, eppure nulla è cambiato. La crisi climatica è addirittura peggiorata e le politiche ambientali attuate negli anni si sono rivelate per lo più inutili. Quella ragazzina è Greta Thunberg e con le sue parole cambierà per sempre la comunicazione ambientale.
Severn e Greta sono entrambe due giovani ragazze che vengono da molto lontano; entrambe, nonostante la giovane età, parlano con coraggio ai più importanti politici del mondo ed entrambe lottano per una causa comune, ovvero le politiche di contrasto al cambiamento climatico. In che modo Greta Thunberg è diventata il simbolo di questa lotta?
Sicuramente gran parte del suo successo è dovuto agli strumenti informativi di oggi, ma l’elemento centrale rimane la sua narrazione. Ciò che viene raccontato è senza dubbio il suo impegno di attivista ma anche il racconto del suo impegno quotidiano, gli scioperi a scuola, le immagini dei suoi cartelloni, del suo -oramai iconico- impermeabile giallo e delle sue trecce.
Greta con la sua storia non è più solo una attivista ma si trasforma in esempio reale, è vicina a ognuno di noi e le sue parole toccano le nostre emozioni facendo in modo che la sua causa diventi anche la nostra.
Forse con gli stessi mezzi informativi anche Severn sarebbe potuta diventare “famosa”, ma senza un buon storytelling non avrebbe mai potuto diventare riconoscibile a livello mondiale e non avrebbe mai potuto attirare l’attenzione sul cambiamento climatico in maniera così serrata. Ferma restando la passione e la convinzione comune delle due protagoniste, lo storytelling si afferma così come vero e proprio elemento distintivo e qualificante per potenziare e irrobustire un contenuto già valido ma a cui, ancora pochi, soprattutto nel target generalista, danno la dovuta attenzione.
Una risorsa comunicativa che deve essere maneggiata con la dovuta sensibilità e attenzione, sganciandola da quella istintività che sembra oggi predominare la scienza della comunicazione e ancorandola saldamente a quella che Stefano Martello definisce come fatica comunicativa. Mai casuale e sempre attentamente ben pianificata rispetto agli impatti e alle reazioni che innesca e alle aspettative a cui risponde.
Per approfondimenti:
https://commtoaction.it/2021/03/05/la-parola-della-settimana-storytelling/
https://commtoaction.it/2020/02/20/visual-storytelling-lefficacia-della-comunicazione-visiva/