Carta di Rieti: i 9 comportamenti per un’efficace comunicazione in emergenza. Promuovere (per tempo) la cultura della prevenzione.

a cura della Redazione

Prendendo spunto dalle parole dei Consiglieri Nazionali Biagio Oppi e Sergio Vazzoler nel loro articolo La responsabilità dei comunicatori e dei relatori pubblici ai tempi dell’Infodemia abbiamo deciso – in relazione agli accadimenti del weekend del 22 e 23 febbraio e dell’esplosione della questione del Covid-19 – di indagare i nove comportamenti espressi nella Carta di Rieti e relativi ad un corretto modello comunicativo in caso di emergenze. Pur non entrando nel merito della questione e delle relative procedure già in atto (non essendo competenti) intendiamo il nostro come sforzo e supporto responsabile, in linea con quelle stesse linee guida che indagheremo nel corso di questa settimana.

Promuovere (per tempo) la cultura della prevenzione.

Prevenire è meglio che curare dicevano i nostri nonni con quella saggezza che affonda le proprie radici nel buonsenso. Ma prevenire è meglio che curare anche per ragioni assolutamente pratiche e concretamente impattanti soprattutto nelle fasi di contrasto ad una crisi e di rilancio del territorio/comunità/organizzazione colpita. Prevenire significa, in parole più semplici, tenere costantemente d’occhio il proprio ambito per misurarne, in tempo reale, lo stato di salute valutando le aree sane e quelle più fragili. Dandosi la possibilità di un intervento terapeutico più snello (proprio perché calibrato sulle aree più bisognose) e meno stressante in quanto promosso in un tempo non viziato dalla crisi conclamata. Il nostro mentor Stefano Martello ci ha sempre detto che parlare di prevenzione è rischioso: “l’accusa di portare semplicemente sfiga è sempre dietro l’angolo”. Proprio per contrastare questo fatalismo mediterraneo, diventa fondamentale integrare la narrazione della prevenzione con elementi contenutistici e quantitativi che riescano a sostenerne la comprensione da parte dei nostri pubblici un po’ distratti. Dunque, pianificare una crisi quando quella crisi ancora non esiste è funzionale all’irrobustimento dell’organismo che quella stessa futura crisi andrà a colpire, elevandone le difese immunitarie nel momento in cui l’infezione sarà conclamata. E dando a quell’organismo l’occasione di una ripresa più immediata nel momento in cui l’infezione sia stata debellata. In termini più concreti l’attività di prevenzione si sostanzia nella creazione di un crisis team che abbia il compito di monitorare lo stato di salute dell’organizzazione verificando le priorità di intervento; attuando un piano di comunicazione di crisi e allenandosi costantemente rispetto alle varie tipologie di scenario. Con obiettivi che sono, di volta in volta, calibrati sul breve termine – un check-up salutare, soprattutto in tempi contrassegnati da cambiamenti repentini – e nel medio-lungo periodo, con una fase di contrasto che riesce ad essere efficace anche rispetto ai numerosi pubblici e che non si trova nell’odiosa situazione di dover scegliere tra gli interlocutori di serie A e gli interlocutori di serie B. Onorando così i doveri sociali, organizzativi, professionali, individuali che abbiamo in qualità di comunicatori e relatori pubblici.