22 Nov Parliamo di neuromarketing. La PET.
di Sara Negro
Quando parliamo di tomografia computerizzata a emissione di fotoni singoli (PET), ci riferiamo, solitamente, alla metodica di diagnostica che viene utilizzata in medicina tradizionale per individuare precocemente i tumori e per valutarne la dimensione e la localizzazione.
Nella pratica, è una tecnica che rileva il consumo di ossigeno e di glucosio da parte delle cellule cerebrali in modo indiretto, cioè misurando le variazioni del debito sanguigno. Il macchinario utilizzato è in grado di tracciare l’intero percorso che un particolare liquido, somministrato al soggetto, compie all’interno del cervello, creando una vera e propria mappa dei processi funzionali e identificando quali sono le aree maggiormente attive. Il farmaco a base di glucosio iniettato via endovenosa al paziente immediatamente prima dell’esame è oggetto di dibattito, poiché leggermente radioattivo, ma nelle quantità utilizzate non è ritenuto pericoloso per la salute umana. Gli specialisti del neuromarketing utilizzano le tecnologie come la Pet per identificare visivamente le aree del cervello che si attivano in corrispondenza di determinati stimoli e comportamenti. Analizzando le sezioni che risultano stimolate durante il test, le aziende sono in grado di capire su quali argomenti è necessario focalizzare la propria comunicazione in modo tale da renderla davvero efficace. Le aziende possono, quindi, capire cosa prova il consumatore senza il filtro del consumatore stesso. Come fosse una macchina della verità per capire i veri sentimenti. Applicare la neuroscienza al marketing è, dunque, un nuovo traguardo per le aziende; la disciplina che studia la mente ha, infatti, dimostrato che il più delle volte il nostro comportamento è guidato da processi automatici che avvengono al di fuori della nostra consapevolezza. Le pubblicità sono, dunque, capaci di manipolarci la mente?
Concludendo, è impressionante vedere come una tecnica usata per rilevare i tumori sia ora sfruttata per il marketing e come sia possibile vedere cosa succede all’interno del cervello delle persone, cosa che fino a 60 anni fa risultava ancora un’utopia. Tuttavia, uno dei limiti principali nell’utilizzo di questa tecnica ai fini di strategie di marketing è legato ad aspetti etici: la PET richiedendo l’impiego di traccianti radioattivi risulta essere una tecnica (anche se non pericolosa) molto invasiva, con la conseguenza che il numero di esperimenti reiterabili per soggetto è notevolmente limitato e non è giustificato per finalità non diagnostiche.