19 Nov Dal senso di colpa alla fiducia: le nuove leve per i processi di donazione nel terzo settore.
di Stefano Ricci
Tra i macrocambiamenti identitari che hanno interessato il terzo settore, la caduta delle ideologie a vantaggio di una visione sempre più laica è tra i più imponenti e trasversali. Oggi questo cambiamento di percezione interessa anche il mondo della donazione.
Se prima donavamo una somma di denaro X lasciando libera l’organizzazione di decidere la destinazione di quella somma oggi anche a causa di una costante crisi economica l’obiettivo diventa meno di cuore e più di testa. Prevedendo per quella donazione una destinazione non più lasciata all’organizzazione ma decisa, in qualche modo concordata, tra l’organizzazione e il donatore. Questo rinnovato modus operandi mette in discussione quel modello comunicativo concentrato sulla pietas in cui spesso, per stimolare una donazione bastava un’immagine sofferente, capace di scuotere l’animo e il portafoglio. A breve termine, sia chiaro. L’affermazione di un modello di donazione maggiormente calibrato ad una funzionale distribuzione dei fondi dei progetti definiti diventa così il punto di partenza di un dibattito che interessa le strategie comunicative di ogni organizzazione, a prescindere dalle dimensioni e dall’ambito di azione.
Tra questi nuovi oneri, la necessità di costruzione di progetti che siano in grado di rispondere efficacemente alle aspettative dei propri pubblici. Ma anche – soprattutto – la necessità di declinare all’esterno, tramite vari strumenti (la pubblicazione del proprio bilancio) la propria affidabilità finanziaria e la propria concentrazione sulla stessa mission istituzionale. È bene ammettere che tale modello, per quanto più responsabilizzante e logisticamente oneroso, offra all’organizzazione maggiori possibilità di fidelizzazione nel medio-lungo periodo, aiutando così anche quella delicata fase che riguarda il reclutamento di volontari potenziali. Il tutto, a vantaggio di un modello che era si in grado di scuotere gli animi, ma il cui effetto era troppo breve e friabile per poter essere misurato e per poter rappresentare un valido indicatore circa l’efficacia e l’efficienza della struttura dell’organizzazione sotto osservazione.